di Claudio Tucci. Se i contratti nazionali nel pubblico impiego sono fermi ormai dal 2009, non è così per quelli «di secondo livello»: nei primi sei mesi del 2016 le amministrazioni hanno trasmesso all’Aran e al Cnel 7.165 contratti integrativi, quelli, cioè, in cui si decide del salario accessorio, vale a dire della parte retributiva legata a premi, indennità (anche di responsabilità – per esempio, a seguito di assegnazione di un nuovo incarico) e progressioni economiche.
A contrattare è stato il 34,1% dei soggetti pubblici (poco più di uno su tre), con punte del 50,1% nel comparto «Scuola», che assieme ad «Agenzie fiscali» (50%) e «Università» (48,5%) si confermano i settori “maggiormente attivi” sul fronte negoziale. La percentuale più elevata di integrativi trasmessi si è registrata in Lombardia (16,9%), seguita da Piemonte e Campania (entrambe, al 9,4%) e, poi, Emilia Romagna, Veneto, Lazio (che oscillano tra il 7,3% e l’8,2%). Guardando, invece, ai singoli destinatari: 6.866 contratti inoltrati, pari al 96% del totale, hanno riguardato personale non dirigente. Fa eccezione il comparto «Servizio sanitario nazionale», dove la percentuale di integrativi destinati alla dirigenza, medica e non, ha raggiunto il 20 per cento.
I dati Aran
La fotografia sullo stato di salute della contrattazione di secondo livello nella Pa è stata scattata dal consueto rapporto dell’Aran: «Rispetto agli anni passati non ci sono particolari novità – sottolinea il presidente, Sergio Gasparrini -. C’è forte attesa sul rinnovo del Ccnl per vedere, subito dopo, come si muoveranno i contratti integrativi e come sapranno coniugare gli strumenti a disposizione con effettivi e tangibili miglioramenti della produttività».
«Non c’è dubbio che bisogna far partire una vera contrattazione – ribatte Michele Gentile, responsabile del settore pubblico della Cgil -. Per questo, va rinnovato il Ccnl e vanno introdotti correttivi giuridici che ridiano centralità alla negoziazione su tutti gli aspetti relativi al rapporto d’impiego».
L’intesa con il sindacato
Tornando al monitoraggio dell’Aran, spicca, anche, come nella quasi totalità dei casi (98,7%) sia stata registrata un’intesa con il sindacato. Il ricorso all’atto unilaterale è risultato limitato all’1,3% del totale (e presente solo in 5 comparti su 10). Il 57,5% dei contratti integrativi trasmessi, poi, è di natura “normativa”. Nel 36,4% dei casi si è trattato, invece, di rapporti puramente “economici” (essenzialmente per ripartire le risorse).
Contrattazione integrativa: il monitoraggio Aran
Il Sole 24 Ore sanità – 9 gennaio 2017