In relazione anche a posizioni comparse sui media relativamente all’utilizzo di test antigenici rapidi e alla sanificazione di ambienti e superfici pensiamo possa essere utile la consultazione di lavori scientifici pubblicati recentemente.
C’è una correlazione tra diffusione di virus Sars-Cov2 e antibiotico resistenza?
Un contributo in questo senso viene dall’articolo Valori Ct ed infettività di SARS-CoV-2 sulle superfici pubblicato su Lancet, Infectious disease il 19 novembre 2020. RNA di virus Sars-Cov2 può essere rinvenuto su superfici inanimate fino a 28 giorni dopo l’eliminazione di secrezioni di un paziente positivo, ma valori di Ct alti (il valore di Ct è inversamente proporzionale alla carica virale) ad esempio>33 hanno scarso valore epidemiologico. In realtà un utilizzo importante e protratto di disinfettanti potrebbe aggravare i rischi di antibiotico resistenza per la pressione selettiva portata sul microbioma presente sulle superfici. Vai a Ct values and infectivity of SARS-CoV-2 on surfaces
Si può presumere che una persona positiva al test PCR-RT a Sars-Cov2 per Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2) sia automaticamente infettiva o lo è solo se il valore soglia di Ct è inferiore a 35?.
Un contributo relativo all’utilizzo del valore Ct viene riportato nel lavoro Ct values from SARS-CoV-2 diagnostic PCR assays should not be used as direct estimates of viral load.
Secondo questi autori in genere si da per per assodato che il valore Ct del test diagnostico real-time reverse transcription polymerase chain reaction (quantitativePCR o qPCR) sia un misura diretta della carica virale e l’utilizzo dei valori di Ct viene proposto come criterio per identificare quei pazienti che potrebbero non essere infettivi anche se positivi o per correlare i risultati del test con l’infettività in colture cellulari in modo da prevedere quali campioni siano attualmente positivi.
Se è vero che i valori Ct sono correlati alla quantità iniziale delle repliche virali nella reazione qPCR, non c’è una correlazione lineare e l’utilizzo dei valori grezzi di Ct sottostima i valori di dispersione della misura.
Un altro problema è che la maggior parte dei test diagnostici SARS-CoV-2 qPCR vengono condotti da secreti nasofaringei, campioni prelevati su superfici biologiche con variabilità intrinseca dipendente dall’operatore e dal livello di tolleranza del paziente. Inoltre il concetto di carica virale pone molti dubbi in assenza di una unità di riferimento di volume o di massa. Infine i differenti sistemi di estrazione ed amplificazione del DNA rappresentano un’ulteriore elemento di variabilità. Per questi motivi deve essere oggetto di valutazione attenta il fatto di prendere per buono il concetto della correlazione diretta tra il segnale della qPCR e presenza del virus raccolto dal nasofaringe del paziente, in quanto ciò può essere fuorviante.
(riproduzione ammessa solo citando la fonte – testo raccolto a cura della redazione)
21 dicembre 2020