Nuovo schiaffo dell’agenzia di rating Standard&Poor’s che ha declassato il Fondo salva stati Efsf della Ue, dalla tripla A a AA+. La decisione è legata all’ondata di downgrade di venerdì scorso che ha colpito ben nove paesi della zona euro, tra cui Francia e Austria, soci importanti dell’Efsf, ed arriva mentre il governatore della Bce Mario Draghi lancia un nuovo allarme sulla tenuta della zona dell’euro.
«Siamo in una situazione gravissima», ha detto Draghi nelle vesti di presidente dell’autorità europea per i rischi sistemici in audizione davanti alla commissione parlamentare economico-finanziaria.
L’ex governatore Trichet, ha ricordato Draghi, aveva parlato di «dimensioni sistemiche» della crisi, ma «da allora la situazione è peggiorata», ha ammonito Draghi. È «vitale» perciò che le decisioni prese dai leader europei siano attuate «tempestivamente e completamente». «Gli strumenti di debito di lungo termine emessi dall’Efsf – afferma invece Standard & Poor’s in una nota – non sono sostenuti dalle garanzie di membri con rating AAA. E ora sono coperti da garanzie di membri con AA+. Riteniamo che i rafforzamenti necessari per bilanciare quella che riteniamo una ridotta capacità di credito dei garanti dell’Efsf al momento non ci siano», spiegano gli analisti dell’agenzia. Tuttavia, S&P si dichiara pronta a ridare la tripla A se al fondo “salva-Stati” verranno affidate risorse aggiuntive. Il declassamento «non riduce la capacità di prestito di 440 miliardi di euro» del Fondo che mantiene «mezzi sufficienti per rispettare i suoi impegni», è la replica del presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. «L’Efsf ha i mezzi per rispettare gli impegni attuali e altri eventuali, da oggi all’entrata in vigore dell’Esm (il fondo permanente), a partire da luglio», rincara il presidente dell’Efsf, Klaus Regling.
Di diverso avviso Draghi secondo il quale l’Efsf potrà mantenere la stessa ’capacità di fuoco solo se «i Paesi con la tripla A aumenteranno i loro contributi». Vale a dire: Germania, Finlandia, Lussemburgo e Olanda. L’alternativa a questo scenario, per Draghi, sono prestiti più cari. E aumentano anche i dubbi sull’adeguatezza della dotazione dell’Esm di 500 miliardi di euro. «La riesamineremo entro marzo», ha annunciato Juncker, aumentando così la pressione sulla Germania che si oppone a rafforzare i ’firewall’ dell’eurozona. Anche la Commissione Ue spinge per aumentare la dote dell’Esm, per renderlo adeguato ai rischi di insolvenza di paesi come la Spagna e l’Italia. La decisione odierna di S&P è destinata ad arroventare una polemica sulle agenzie di rating che era già caldissima. «Le agenzie di rating non sono istituti di ricerca imparziali ma hanno i loro interessi e svolgono il loro ruolo molto in linea con il capitalismo finanziario Usa», ha dichiarato il commissario Ue agli affari economici e monetari ad una Tv finlandese, dando voce ad accuse finora solo sussurrate. Qualcuno ha fatto soldi dalla «destabilizzazione» della Ue, ha denunciato Rehn, rilanciando la linea di Bruxelles che vuole riformare le agenzie internazionali di rating, «declassandone» i giudizi rispetto ai mercati finanziari. Una linea dalla quale il governatore della Bce, Mario Draghi, non si discosta di molto. Bisognerebbe «imparare a vivere senza le agenzie di rating» o quanto meno «imparare a fare meno affidamento» sui loro giudizi, ha detto Draghi, secondo il quale tutte le agenzie di rating «hanno subito un grave danno di immagine e reputazione durante la crisi».
La “botta” ricevuta da S&P ha rafforzato la determinazione europea a serrare i ranghi contro la speculazione finanziaria e il rischio di recessione. L’attenzione è rivolta alla conclusione dei negoziati sul nuovo Patto di bilancio (Fiscal compact), che impegnerà solennemente i 26 stati membri che lo stanno negoziando a rispettare la regola del pareggio di bilancio e a ridurre il debito in eccesso. Il presidente Ue van Rompuy oggi ha confermato che l’accordo arriverà entro il mese e la firma il primo di marzo. Ma non mancano i problemi perchè l’entrata in vigore del nuovo Patto potrebbe durare più a lungo di quanto sperato, spuntando sul nascere l’efficacia di uno strumento fortemente voluto dalla cancelliera Merkel. Resta poi ancora da neutralizzare il rischio di un default della Grecia. Secondo il New York Times, l’Ue punta ora più a controllarlo che non ad evitarlo. I negoziati della troika Ue-Fmi-Bce si sono incagliati venerdì scorso a causa del mancato accordo tra le autorità greche e il settore privato sul taglio del valore dei bond greci. I colloqui riprenderanno il 20 gennaio, dopo consultazioni tra i team tecnici. «Siamo fiduciosi che i negoziati si concluderanno presto con un accordo», ha detto il portavoce dell’esecutivo. Nelle ultime settimane, l’accento di Bruxelles si è spostato con più enfasi dal consolidamento dei bilanci (sui quali si ritiene che siano in corso sforzi significativi) alla necessità di fare ripartire la crescita. «La Ue ha bisogno di una strategia anti-recessione», ha detto van Rompuy parlando dopo l’incontro con Monti. Bruxelles segue con grande attenzione i programmi di riforma messi in atto in diversi stati membri, incluso l’Italia. Contatti «tecnici» sono in corso con il ministero del lavoro per scambi di informazione sulla riforma del lavoro e delle pensioni.
Lastampa.it – 17 gennaio 2012