Più mercato, soprattutto per garantire la presenza di materie prime che potrebbero non essere sufficienti e niente regole ferree per quanto riguarda le Dop, che potrebbero compromettere la produttività delle eccellenze alimentari italiane. Venerdì la Assalzoo, l’associazione di categoria dei produttori di alimenti zootecnici, ha incontrato la commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato. A leggere la relazione dei produttori, Marcello Veronesi, vicepresidente dell’omonima holding scaligera, da poco nominato presidente di Assalzoo. Si è parlato molto delle prospettive del settore, ma anche delle minacce e dei rischi che si trova affrontare. Con un convitato di pietra, il Ceta, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada, che sta trovando la ferma opposizione di diversi ambienti della maggioranza e anche nel comparto agricolo, dove c’è la contrarietà di Coldiretti.«Il tema non è stato affrontato – afferma Veronesi – perché c’era molta carne al fuoco. Ma noi vediamo il Ceta molto favorevolmente. Rappresenta una grande occasione per l’agroalimentare italiano, che potrebbe allargarsi ancora di più nelle esportazioni. È incredibile, invece, che un’organizzazione agricola molto politicizzata possa pretendere di tenere in ostaggio il Paese».Ceta a parte, davanti alla commissione senatoriale si è parlato dell’industria mangimistica italiana. «È una realtà – ha scritto Veronesi nella relazione – che vanta una produzione stabile da diversi anni che si attesta a circa 14 milioni di tonnellate, impiega 8.500 addetti e registra un fatturato superiore ai sei miliardi, ponendo il settore al quinto posto nell’ambito alimentare. Il settore mangimistico è strettamente legato alla realtà agricola nazionale, acquistando materie prime dagli agricoltori e vendendo mangimi e servizi agli allevatori, nei confronti dei quali svolge anche un importante ruolo nell’ammortizzare i prezzi delle materie prime». Ed è appunto proprio sul fronte delle materie prime che, per Veronesi, occorre fare attenzione:«Ce ne sono due di fondamentali: la soia che rappresenta, la principale fonte proteica delle razioni mangimistiche, e sebbene l’Italia sia il primo produttore europeo di soia, ne viene importata una quota compresa tra l’85 ed il 95% del nostro fabbisogno. C’è quindi il mais, che storicamente è stata la coltura principe di alcune aree del nostro Paese, ma che sta registrando una preoccupante riduzione delle superfici coltivate (-50%, pari a 600 mila ettari in 15 anni), con una resa ad ettaro che non segna miglioramenti e che sconta l’utilizzo alternativo nelle bioenergie . Ora siamo dipendenti dalle importazioni per circa il 50%».Anche per questo motivo, ha sostenuto Veronesi davanti ai senatori, «il settore è preoccupato per la norma europea che prevede che le materie prime utilizzate per l’alimentazione degli animali appartenenti al circuito Dop provengano dall’aerale di produzione». «Le denominazioni a origine protetta in Italia – precisa Veronesi – sono molte e di successo, nonché la concausa della diminuzione di alcune produzioni che servono a sostenerle, tra cu il mais. È assurdo pretendere che nelle stesse zone si possa ricavare il necessario per il mangime, questo significherebbe far calare, ad esempio la produzione di Parmigiano Reggiano». Infine, una nota sugli Ogm: «Ormai sono un capitolo chiuso, abbiamo perso il treno. Per fortuna le tecniche di new breeding (che utilizzano sempre la genetica, ma che intervengono durante la crescita della pianta, ndr) ci consentiranno di raggiungere risultati che potevamo ottenere anni fa».
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