Uno studio dell’Università di Trento, pubblicato su Scientific Reports, ha rilevato le concentrazioni di pesticidi neonicotinoidi nel cervello delle api e ha scoperto i danni che provocano anche a dosi inferiori rispetto a quelle letali. I ricercatori del laboratorio di neurofisica hanno identificato una perdita dell’olfatto, oltre che della memoria e dell’orientamento negli insetti esposte al pesticida. L’alterazione dell’olfatto delle api può compromettere la comunicazione e di conseguenza causare il collasso dell’intera colonia.
L’insetticida neonicotinoide più usato al mondo è l’imidaclopril, un derivato, appunto, della nicotina introdotto negli anni Ottanta come sostituto del DDT. Negli ultimi anni, l’esposizione a questi pesticidi è considerata una delle possibili cause del declino della popolazione mondiale di api e insetti impollinatori, e per questo sono stati regolati in maniera sempre più stringente sia a livello nazionale che comunitario. «I principi attivi di questo tipo di pesticidi – spiega Albrecht Haase del C interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC) – sono altamente neurotossici: si legano ai recettori della nicotina nelle sinapsi e bloccano il trasporto delle informazioni a livello cerebrale.»
Questo studio fa scattare, quindi, un campanello d’allarme: con la scoperta che i neonicotinoidi sono pericolosi per le api anche a basso dosaggio, le restrizioni imposte dalle normative sembrano inadeguate a tutelare gli insetti impollinatori. Lo dimostrano gli elevati livelli di assimilazione del pesticida registrati nel cervello delle api. È anche possibile che il problema derivi dal mancato rispetto dei limiti da parte degli agricoltori, dall’esposizione per altre vie e dalla persistenza del pesticida nell’ambiente.
Lo studio è stato realizzato utilizzando innovative tecniche di imaging e proseguirà valutando anche gli effetti dei pesticidi neonicotinoidi sul comportamento delle api, sia in laboratorio che in ambiente.
Il Fatto alimentare – 13 dicembre 2016