Sistemato sui nostri tetti, ogni alveare è uno strumento prezioso per capire cosa stiamo respirando. Le api arrivano in città e diventano sentinelle dell’ambiente. La seconda vita delle api, sui tetti di grattacieli e palazzi, oltre a favorire il business del miele può essere un’arma contro l’inquinamento. La moda degli alveari metropolitani, da qualche anno esplosa a New York, Londra e Parigi, in Italia giunge armata di qualcosa in più: lo spirito ambientalista.
Tra le città più all’avanguardia c’è Torino. È proprio qui che da quattro anni l’apicoltore Antonio Barletta ha lanciato il progetto UrBees, per favorire il monitoraggio dell’ambiente: «Su 50 mila api di un alveare ce ne sono 10 mila che sono “bottinatrici”, cioè volano per raccogliere nettare e diventano vettori che raccolgono informazioni ambientali». I risultati delle sentinelle volanti sono di tutto rispetto: ogni alveare monitorizza 10 milioni di fiori al giorno e le api realizzano 10 milioni di microprelievi. «Questo vuol dire che dall’analisi del miele di ogni alveare — prosegue Barletta — possiamo trarre informazioni preziose su idrocarburi, metalli pesanti, pesticidi e radionuclidi». Non solo. «Le api sono dei bioindicatori in grado di dirci come cambia l’ambiente e concorrono a tutelare la biodiversità, per esempio attraverso lo spostamento di pollini, favorendo lo sviluppo della flora circostante ». Anche l’Unapi (Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiana) benedice la tendenza. «La produzione di miele del 2013, pari a 230 mila quintali», spiega il presidente Francesco Panella, «quest’anno sarà dimezzata a causa del maltempo. In città le api sopravvivono meglio rispetto ai contesti agricoli ed il miele è ugualmente di ottima qualità». È di ieri la notizia che il ministero della Salute ha individuato un parassita esotico, in grado di volare per parecchi chilometri, in un alveare in Calabria. Il coleottero sarebbe potentissimo, si nutre di miele, e minaccia di sterminare l’intera famiglia delle api.
C’è chi ha deciso di approfittare dell’opportunità dell’alveare urbano per dare il via ad una “filiera cortissima”. L’hotel Guala di Torino ha da un anno inaugurato sul tetto dell’albergo un alveare che fornisce direttamente il miele Millefiori di Mirafiori per la colazione degli ospiti. «Abbiamo sei casse di api sopra il tetto della sala colazioni », spiega Davide Crotta, collaboratore dell’hotel con il pallino delle api, «tutto è realizzato in massima sicurezza perché l’area è bordata di aiuole molto alte e i proprietari dell’hotel hanno deciso di ripetere l’esperimento in altre strutture». Api in arrivo anche a Ravenna dove il consiglio comunale quest’estate ha deciso di aprire all’apicoltura urbana, naturalmente prestando attenzione alle regole di sicurezza. Mentre a Milano si sta lavorando ad un progetto pilota che potrebbe portare le arnie in domicili nobili come il Teatro alla Scala, sul modello dell’Opéra e della Tate Modern Gallery.
E all’estero? È di questi giorni la notizia che un super raccolto di miele è stato avviato nel centro commerciale Beaugrenelle a Parigi e produrrà 500 chili di miele. Anche a New York dal 2010, anno in cui il comune ha deciso di sdoganare la pratica degli alveari urbani, la produzione del nettare ha raggiunto livelli insperati. Un modello di alveare di design realizzato a Maastricht per ospitare le api olandesi (si tratta di una torre gialla, alta più di venti metri) sarà presso esportato in altre metropoli europee. Una nota azienda ha ipotizzato un avveniristico strumento domestico dal nome di Urban Beehive : un mini alveare da collocare sul vetro di una finestra protetto all’interno da un bozzolo di vetro trasparente.
Repubblica – 16 settembre 2014