Il pacchetto di proposte da presentare sabato al round decisivo con i sindacati sulle pensioni è in via di definizione. Nelle ultime ore il Governo sta valutando diverse opzioni per cercare di accorciare le distanze con le confederazioni, e in particolare con la Cgil, che appare pronta a dare battaglia, sostenendo che la proposta del Governo sui lavori “gravosi” da salvare dall’innalzamento della soglia pensionabile a 67 anni riguarderebbe solo 4.300 persone. Tra le ipotesi sotto i riflettori dei tecnici di Palazzo Chigi e quelli dei ministeri dell’Economia e del Lavoro ne compare una alternativa al meccanismo di deroga per le 15 mansioni gravose: il prolungamento a tutto il 2019 dell’Ape social. In legge di Bilancio è già previsto l’allungamento di un anno della sperimentazione dell’Ape volontario e aziendale, che sta entrando in fase applicativa, come scriviamo in pagina.
Questa soluzione sarebbe in linea con il percorso già tracciato lo scorso anno dall’esecutivo, che prevede di trasformare a regime da “sperimentale” in “definitivo” l’Anticipo pensionistico sociale, e di consentire di fatto a un platea non trascurabile (11 categorie di lavori gravosi, più disoccupati e lavoratori in condizioni di “invalidità” in possesso dei requisiti Ape) di evitare l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Ma il costo non sarebbe trascurabile. E anche per questo motivo se l’esecutivo decidesse di percorrere questa strada, si chiuderebbe automaticamente quella della deroga per le 15 categorie di lavori gravosi proposta nell’incontro di lunedì scorso. Resterebbe in piedi l’istituzione di una Commissione tecnico-scientifica chiamata a individuare la figura di lavoro gravoso “fascia” per “fascia”. Ma diventerebbe a rischio anche il nuovo dispositivo proposto dal Governo per calcolare dal 2021, sulla base di una media biennale (e non più triennale), la speranza di vita tenendo conto anche degli scostamenti verso il basso, così come la detassazione della previdenza integrativa per gli statali.
Non è escluso che alla fine il Governo possa presentarsi ai sindacati con un piano “A”, che ricalcherebbe il pacchetto già presentato lunedì scorso, e un piano “B”, imperniato sul prolungamento dell’Ape social così com’è al 2019, peraltro in linea con un emendamento al Ddl di bilancio già presentato dal Pd in Commissione, al Senato. Un’opzione quest’ultima che potrebbe essere valutata con attenzione da Cisl e Uil, per le quali però la platea dell’Ape sociale dovrebbe essere allargata. La Cgil, invece, non sembra intenzionata ad ammorbidire la sua posizione e appare tentata a puntare le sue “fiches” sul rinvio del decreto ministeriale direttoriale con cui dovrà essere reso operativo l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni nel 2019 (e a 43 anni e 3 mesi per l’anticipo degli uomini e 42 e 3 mesi per le donne) facendo leva su un fronte trasversale in Parlamento.
In uno studio della Confederazione guidata da Susanna Camusso diffuso ieri viene sottolineato che la proposta del Governo sulla previdenza è «insufficiente sia dal punto di vista delle misure presentate sia da quello dei lavoratori coinvolti» E si aggiunge che «l’esenzione dall’aumento dell’ età pensionabile a 67 anni nel 2019, coprirà solo 4.305 persone, il 2,18% delle uscite per pensionamento anticipato e di vecchiaia, e anche quanto previsto per la previdenza complementare avrà un impatto irrisorio».
Il Sole 24 Ore – 17 novembre 2017