Corriere del Veneto. Quando è arrivato in ospedale a Treviso, ormai in debito d’ossigeno, ha affermato convintamente di essere un No Vax. Il respiro mancava ma la sua certezza era una sola: niente vaccino, nonostante abbia 71 anni e il suo stato di salute lo collochi tra le persone a rischio, nonostante i vaccini abbiano dimostrato giorno dopo giorno il loro beneficio sulla salute individuale e collettiva. Ieri è stato ricoverato in terapia intensiva un uomo residente nell’hinterland del capoluogo: l’ultimo paziente era stato dimesso dal Ca’ Foncello il 30 giugno.
E un altro ricovero, stavolta in malattie infettive, ha destato allarme nell’Usl 2: una donna di 85 anni non vaccinata (una fascia d’età molto critica per il Covid), contagiata dalla figlia, anch’essa non vaccinata. Per scelta, non per mancanza di opportunità: non sono No Vax, ma hanno deciso di non aderire alla campagna nonostante i ripetuti richiami alla popolazione. L’esposizione non protetta al virus ha portato i due anziani in ospedale, a lottare per guarire.
«Questi due nuovi casi segnano da un lato, purtroppo, la ripresa dei ricoveri per Covid e, dall’altro,
ribadiscono l’assoluta importanza della vaccinazione, specie per le categorie più fragili – spiega il direttore generale dell’azienda sanitaria Francesco Benazzi -. Ma anche chi è più giovane può finire in rianimazione o infettare i proprio cari più vulnerabili, come dimostra il caso della paziente contagiata dalla figlia».
Il Servizio igiene e sanità pubblica ha studiato gli ultimi 207 contagi in provincia: 143 persone non si sono vaccinate per scelta. Dal totale bisogna togliere 20 bambini non vaccinabili perché sotto i 12 anni; 37 persone avevano ricevuto la prima dose di vaccino, 7 avevano completato il ciclo. «Chi si è vaccinato con la seconda dose si negativizza rapidamente – continua Benazzi -. Con la Regione abbiamo però condiviso che debba essere mantenuta la quarantena di dieci giorni per sicurezza. Ad ogni modo, non abbiamo ricoveri di persone vaccinate dai primi di giugno». Tutto a confermare che, anche se il Covid può contagiare, il vaccino limita i sintomi e protegge dalle conseguenze più gravi.
Dopo un mese di calma apparente, ora l’epidemia torna ad assumere dimensioni da pre-allarme. L’indice di contagio della Marca è di 27 casi su 100 mila abitanti ma nel distretto di Treviso Sud il parametro è salito a 60 su 100 mila, numeri da zona gialla: è l’area in cui abitano molti dei ragazzi dei focolai di Jesolo e Treviso. Dei 236 casi censiti negli ultimi 7 giorni, 117 hanno fra 12 e 19 anni, 38 fra 20 e 29 anni. Più si sale con l’età (e con le vaccinazioni) più bassi sono i contagi. Tra i nuovi positivi, due sono infermieri e non sono vaccinati.
Il primo luglio i casi di Covid attualmente in monitoraggio nella Marca erano 683 e stavano scendendo vistosamente. Poi, nella seconda settimana del mese, il trend si è invertito. Mercoledì i nuovi positivi sono stati 67, ieri 78; gli attuali positivi sono 914. Cresce però anche il numero dei test: nella giornata di mercoledì sono stati 4.500 i cittadini che si sono recati nei Covid-point e nei centri vaccinali per chiedere di essere tamponati, erano un terzo fino a due settimane fa. La corsa al tampone torna a fare code: a sottoporsi al test c’è anche chi parte per un viaggio e chi ha partecipato alle feste di piazza domenica. E proprio il calcio è tra i principali indiziati per i nuovi contagi, nonostante la decisione di molti sindaci di vietare i maxi schermi per la finale degli Europei di calcio e l’intensificarsi dei controlli delle forze dell’ordine per limitare l’affollamento.
«L’aumento dei casi nel nostro territorio può essere legato anche agli assembramenti che abbiamo visto durante e dopo le partite della nazionale – commenta Benazzi -. Le persone manifestano sintomi lievi e il tampone risulta positivo, i casi gravi sono solamente di persone che non si sono vaccinate. Abbiamo aperto 50 mila posti per le vaccinazioni, i nostri punti tampone sono tutti gratuiti e senza impegnativa. Solo tracciando, isolando e proteggendoci potremo riprendere una vita normale, altrimenti rischiamo che a breve ripartano le limitazioni».