La Corte di giustizia europea boccia, ancora una volta, le procedure di stabilizzazione che sono state previste dalla normativa italiana. Con un’ordinanza del 4 settembre scorso, viene ribadito, infatti, che il nostro sistema non è compatibile con la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, del 18 marzo 1999, e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999. L’occasione per tornare sulla questione è un ricorso sull’articolo 75 comma 2 del Dl 112/08, il quale prevedeva che al dipendente destinatario della stabilizzazione non era possibile riconoscere quale anzianità di servizio i precedenti periodi a tempo determinato. Tale norma è stata di fatto poi soppressa dalla legge di conversione.
Il legislatore, però, negli ultimi anni ha introdotto altre norme finalizzate alla stabilizzazione dei precari. Basti pensare all’opportunità prevista a regime nel Dlgs 165/01 (Testo unico del pubblico impiego) e a quella contenuta nel Dl 101/13.
Le norme nulla dicono, ma vi è un nodo cruciale nell’inquadramento dei lavoratori: i precedenti periodi a termine vengono computati o meno nell’anzianità di servizio al momento della trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato?
La risposta non era per niente scontata, visto che sulla questione si erano già cimentati il Tar e il Consiglio di Stato. Quest’ultimo, con la sentenza 1138/11 aveva decisamente ritenuto che conteggiare l’anzianità di servizio dei periodi a tempo determinato dei soggetti stabilizzati avrebbe costituito una discriminazione a danno dei lavoratori assunti con concorso. Già in quell’occasione la Corte di giustizia europea, con sentenza 18 ottobre 2012 aveva ravvisato, invece, contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro del 1999.
Con la sentenza in esame, ancorchè riferita alle Autorità indipendenti, la Corte sottolinea ancora una volta che, in presenza di funzioni esercitate coincidenti, tra i periodi a termine e la stabilizzazione, vi è una continuità per la quale è impossibile escludere il calcolo dell’anzianità di servizio. Si potrebbe ritenere che tale anzianità sia esclusa solo in presenza di «ragioni obiettive», ma non può rientrare in questo caso la volontà di evitare il prodursi di discriminazioni in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico.
Il Sole 24 Ore – 17 settembre 2014