A che ora avete fatto la vaccinazione per il Covid19? Io ricordo di aver ricevuto entrambe le dosi nel pomeriggio, anche se non potrei giurare sull’ora precisa. Eppure potrebbe fare la differenza. Uno studio israeliano pubblicato nei giorni scorsi ha analizzato l’efficacia della risposta al vaccino Pfizer/BioNTech in 1.515. 754 soggetti correlandola all’ora in cui era stata somministrata la seconda dose. I ricercatori hanno così scoperto che il momento della giornata in cui siamo stati vaccinati fa la differenza: le persone vaccinate al mattino o comunque entro le 16 hanno sviluppato una protezione migliore contro il virus rispetto a chi è stato invece vaccinato nel tardo pomeriggio o la sera. Vi sembra strano? È uno di quei classici esempi di correlazioni che nella scienza non significano nulla? Non è così; questo studio non solo è ben fatto ma è strutturato su solide basi scientifiche. E ci mostra qualcosa d’importante, qualcosa di cui la medicina ha iniziato a occuparsi solo di recente: che il tempo conta e fa la differenza.
La cronobiologia studia gli effetti del tempo sulle funzioni biologiche. Nel 2017, tre ricercatori – Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young – ottennero il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina per la scoperta dei meccanismi molecolari che controllano i ritmi circadiani. I ritmi circadiani sono dei cambiamenti di tipo fisico e comportamentale che seguono uno schema ripetuto nelle 24 ore (da cui il termine “circadiano” che significa appunto “di circa un giorno”). Questi cambiamenti, che si ripetono con una ciclicità abbastanza costante, rispondono principalmente (ma non solo) all’alternanza di luce e buio e sono regolati da una sorta di orologio biologico interno. Gli orologi circadiani si sono infatti evoluti in risposta ai cambiamenti quotidiani nell’illuminazione solare dovuta alla rotazione della Terra. I ritmi circadiani sono antichi e conservati durante l’evoluzione. Essi esistono in tutti gli organismi multicellulari, inclusi funghi, piante e animali ma sono presenti anche in forme di vita unicellulari, come i cianobatteri e i protozoi.
Negli esseri umani, così come negli altri mammiferi, esiste un orologio principale (master clock) situato nel nucleo suprachiasmatico (SCN) dell’ipotalamo, una specifica regione del cervello. Questo master clock funziona come una sorta di pacemaker, dettando il ritmo a tutti gli altri orologi periferici. Esso è infatti direttamente collegato alla retina dei nostri occhi, dalla quale riceve informazioni circa la presenza o assenza di radiazione solare. I ritmi circadiani regolano moltissime funzioni cellulari e complesse: dal ritmo sonno-veglia, alla produzione di ormoni; dal metabolismo all’immunità e l’infiammazione. E questo ha un impatto diretto anche sulle patologie e sulle cure. Per esempio, è noto da tempo che il rischio di eventi avversi cardiovascolari, come l’ictus o l’infarto del miocardio, è maggiore al mattino. Così come sappiamo che i pazienti affetti da artrite reumatoide soffrono maggiormente nella prima parte della giornata (si parla di rigidità mattutina).
Il funzionamento del sistema immunitario ha una sua ritmicità circadiana. Per esempio, la produzione di citochine infiammatorie (quelle molecole che inviano messaggi a tutto il corpo, amplificano l’infiammazione, e sono responsabili della febbre o del dolore) ha un picco nella tarda notte e nelle prime ore del mattino. Così come è soggetto a oscillazioni regolari il traffico delle cellule del sistema immunitario, il passaggio cioè tra sangue, linfa e tessuti. Per queste ragioni, ci sono diversi ricercatori che stanno cercando di capire se esiste un’ora migliore per la vaccinazione, per ottenere il massimo dell’efficacia riducendo d’altro canto al minimo i potenziali effetti avversi. Mentre nei modelli di laboratorio si sono potuti ottenere dei dati molto chiari sull’effetto dell’ora della vaccinazione nell’efficacia delle risposte vaccinali, nella popolazione questi studi sono molto complessi e certamente lo studio israeliano non è da considerarsi conclusivo né i suoi risultati possono essere facilmente traslati ad altri tipi di vaccini. Tuttavia è un passo in più verso l’applicazione della cronobiologia alla medicina. Mi piace immaginare che così come oggi si consiglia di utilizzare i farmaci che abbassano il colesterolo di sera – perché l’enzima su cui agiscono è più attivo la notte – probabilmente tra qualche anno avremo indicazioni precise circa l’orario di assunzione per molti altri farmaci che ora prendiamo genericamente “una volta al giorno”. E che nello schema vaccinale, oltre all’età, alle comorbidità e –si spera – al genere, si terrà conto anche dei ritmi circadiani. —
La Stampa – Intervento di Antonella Viola