Miliardi e miliardi di spreco di denaro pubblico non sono sufficienti a smuovere la politica. Silenzio completo sulla riforma anticorruzione in tv e nei giornali. Abbiamo una scadenza importante – il 31 gennaio – per l’invio dei Piani Triennali Anticorruzione al Dipartimento della Funzione Pubblica, e nelle pubbliche amministrazioni regna il caos più assoluto: dubbi, incertezze, timori, piani abbozzati alla meno peggio o passati da una mano all’altra o copiati-incollati da un computer ad un altro. Una confusione generale in cui c’è anche chi “ci marcia” allegramente e distribuisce furtivamente piani o proposte di piani anticorruzione taroccati. E ancora, la Legge Severino 190/2012 ha previsto ed introdotto una tutela specifica per il dipendente pubblico che abbia il coraggio di denunciare illegalità cui si trovi ad assistere. Ma quanti sono i dipendenti che ne sono stati messi a conoscenza?
Anticorruzione: l’indifferenza dei politici
di Franzina Bilardo*. “La corruzione e’ mortale. Fermala” si legge su un cartellone pubblicitario collocato in India, su una pubblica via di un sobborgo periferico. India – Delhi, il governatore Arvind Kejriwal ha inaugurato una linea telefonica anti-corruzione attraverso cui qualunque cittadino potrà segnalare fatti e azioni illegali. Pare che le linee stiano scoppiando …
A volte dimentichiamo – tronfi ad oltranza – che gli altri, nel mondo, fanno più e meglio di noi.
Oh certo, anche in Italia, sul piano strettamente formale, la Legge Severino 190/2012 ha previsto ed introdotto una tutela specifica – meglio nota, in gergo anglosassone, come whistleblowing – per il dipendente pubblico che abbia il coraggio di denunciare illegalità cui si trovi ad assistere. Ma quanti sono i dipendenti che ne sono stati messi a conoscenza?
Ed anche il Piano Nazionale Anticorruzione approvato il 13 settembre 2013 – cui ha fatto eco l’Autorità Nazionale Anticorruzione nel suo primo Rapporto Informativo – ha indicato come punti strategicamente focali per la riuscita dell’intero programma anticorruzione: la diffusione di buone pratiche per la prevenzione della corruzione; la sensibilizzazione collettiva attraverso atti di indirizzo, informazione e formazione sul valore positivo del whistleblowing; la promozione della cultura della legalità tra i dipendenti pubblici, le comunità di settore, le associazioni di consumatori, gli studenti e la collettività in genere; la condivisione degli strumenti di prevenzione, sia all’interno che all’esterno della Pubblica Amministrazione; la propagazione di valori etici; la creazione di strumenti di collegamento e collaborazione con la cittadinanza; la richiesta di partecipazione alla società civile; tante e tante altre cose bellissime. A parole ….
Ma chi si sta preoccupando di diffondere tutto questo?
La televisione, i giornali, la nostra classe politica … che è poi quella che controlla e condiziona sia l’una che gli altri?
Chi, tra i nostri politici, dopo uno spossante anno di legislazione “anticorruzione”, ha mai utilizzato – una sola volta – questi strumenti mediatici per dire, spiegare, informare, sollecitare la cultura della legalità; o, chi si è in qualche modo preoccupato di spiegare alla gente cosa significa realmente Piano Nazionale Anticorruzione, Piani decentrati della Prevenzione della corruzione, White list, Responsabile della prevenzione della corruzione, Autorità Nazionale Anticorruzione, e tutti gli altri organi e istituti introdotti dal nuovo sistema anticorruzione?
…. A proposito dell’Autorità Nazionale Anticorruzione mi si vuole indicare, tra le centinaia che bazzicano in ogni angolo del nostro territorio, un politico che abbia avuto il buon garbo di porgerle un educato cenno di “benvenuto”? ….
Abbiamo una scadenza importante – il 31 gennaio – per l’invio dei Piani Triennali Anticorruzione al Dipartimento della Funzione Pubblica, e nelle Pubbliche Amministrazioni regna il caos più assoluto: dubbi, incertezze, timori, piani abbozzati alla meno peggio o passati da una mano all’altra o copiati-incollati da un computer ad un altro, cattiva informazione tecnica, eccetera, eccetera, eccetera. Una confusione generale in cui – manco a dirlo – c’è anche chi “ci marcia” allegramente e distribuisce furtivamente piani o proposte di piani anticorruzione taroccati.
E loro? I nostri beati e pasciuti rappresentanti politici? Cosa fanno, loro?
Si è mal dicenti se si constata che continuano a non muoversi di una sola tacca rispetto alle loro trite e ritrite beghe di partito e calcoli di maggioranza?
O, per caso, hanno cose più importanti a cui pensare?
Ma cosa c’è di più importante di una piaga – la corruzione, l’illegalità, l’immoralità – che negli ultimi decenni ha prosciugato miliardi e miliardi e miliardi di denaro pubblico, ha sfruttato impunemente preziose risorse della collettività, ha scelleratamente inquinato il mercato delle professionalità dei giovani, ha penalizzato e messo in ginocchio imprese sane e produttive, ha costretto all’emigrazione realtà produttive piene di voglia di fare, ha fatto complessivamente più danni di una guerra fredda.
…… e se i nostri “tutori” non sapessero neanche dell’esistenza di una riforma anticorruzione?
Oggi assistiamo a due mondi che si scontrano furiosamente: da una parte, la società civile che, fuori dai palazzi della politica, grida vendetta contro le montagne di denaro disperso nelle avide mani che si aprono e si chiudono sotto gli ingordi tavoli del malaffare; dall’altra, la società dei politici che tace ad oltranza, che guarda (o meglio non guarda) la complessa legislazione anticorruzione formalmente votata nell’ultimo anno di vita parlamentare e governativa, che sorride sorniona … probabilmente memore della sempre verde saggezza di Don Fabrizio, Principe di Salina: “qualcosa doveva cambiare perché tutto restasse com’era prima”.
Due pianeti lontani – quello delle urla incazzate al piano di sotto, quello dei silenzi omertosi ai piani superiori – costretti a convivere pacificamente, o quasi …
Forse, dovremmo riflettere sul fatto che tra i più importanti e seri approcci criminologi v’è quello a carattere sociologico, che tra l’altro ci ha insegnato a capire come la devianza sociale – e dunque il delitto, il crimine, l’illegalità, la corruzione – non vengono affatto fuori come funghi alle proprie piogge, né sono certo figlie del bernoccolo lombrosiano.
Tutt’al contrario, sono l’esatto prodotto della cultura (o della non cultura) dell’anti-legalità, da intendersi come indifferenza della comunità alla devianza sociale; perché non è certo un caso – e risponde ad una precisa logica criminologica – che si consideri semplicemente scorretto, punibile ma non immorale, non pagare una contravvenzione stradale (ed infatti ci si muove nell’ambito della depenalizzazione), allo stesso modo di come è altrettanto prevedibile, in ragione della sua unanime repulsione sociale, dovere salvare dalle ire dei compagni di cella il detenuto che viene incarcerato per atti di violenza sessuale su un bambino.
La devianza sociale – e tra queste rientra certamente la corruzione – è anche e soprattutto questo: frutto di mancata consapevolezza e condivisione della delittuosità di una determinata azione; sottovalutazione di quanto la stessa possa rappresentare un attacco alla sopravvivenza sociale generale; assenza di solidarietà su quella che dovrebbe essere una battaglia di tutti, in favore di tutti.
Facciano un esame di coscienza i nostri rappresentanti “civici”, quelli che hanno scelto di dedicarsi alla politica essendone anche lautamente pagati. Un operaio della Fiat che non lavora e non fa quello per cui viene stipendiato viene messo alla porta nel giro di mezza giornata ….
Anticorruzione, Comuni e Asl a passo di lumaca e società partecipate ancora «impenetrabili»
di Marco Rogari. Responsabile anti-corruzione nominato da appena il 34% dei Comuni. Accesso ad atti e informazioni garantito a cittadini e imprese soltanto dal 31% delle società partecipate a livello centrale e locale. Termine per la conclusione dei procedimenti indicato da non più del 44% degli enti pubblici. La doppia operazione di prevenzione della corruzione e di innalzamento degli standard di trasparenza stenta ad andare a pieno regime. Con qualche eccezione, come quella della Presidenza del Consiglio che la scorsa settimana ha reso pienamente operative le misure della legge anti-corruzione con una ricaduta positiva anche in termini di risparmi: riduzione del 10% delle spese di funzionamento di palazzo Chigi.
Anticorruzione: Comuni e Asl a passo di lumaca
Alla data del 30 novembre 2013 la nomina del responsabile anti-corruzione, prevista dalla legge 190/2012, «non ha trovato piena attuazione in nessun comparto, neanche nelle amministrazioni di grandi dimensioni come i ministeri»: a sostenerlo è l’ultimo dossier della Civit – Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle Pa, che ha condotto la ricognizione. Comuni e aziende del Servizio sanitario nazionale sono i fanalini di coda: le nomine risultano effettuate solo nel 34% dei casi. Anche se nei grandi Comuni la situazione migliora sensibilmente (80%). In notevole ritardo sono anche le Province (54%), i consigli regionali (35%) e le Comunità montane (10%). Non mancano comunque i casi di eccellenza: oltre alla presidenza del Consiglio, ha provveduto alla nomina del responsabile anti-corruzione il 97% delle università statali e il 91% delle camere di commercio. In regola anche il 76% degli enti pubblici, con una punta del 100% per quel che riguarda gli enti previdenziali, e il 77% dei ministeri.
“Scuri” i siti web delle società partecipate
Non più del 64% delle società partecipate ha costituito all’interno del proprio sito web la sezione “Amministrazione trasparente” prevista dal decreto legislativo 33/2013. E a segnare il passo sono soprattutto le partecipate dei ministeri che non superano quota 50 per cento. E che solo nel 13% dei casi hanno dichiarato di aver individuato un soggetto o una struttura con funzione di monitoraggio sull’attuazione della nuove regole sulla trasparenza. Le società partecipate risultano anche abbastanza “impenetrabili” e poco propense ad aprirsi a cittadini e imprese. Non a caso l’accesso civico è garantito mediamente solo nel 31% dei casi, con un picco del 41% per le partecipate locali mentre quelle dei ministeri si fermano al 13 per cento.
Ancora “oscurati” i procedimenti degli enti pubblici
Il dossier parla chiaro: «Con riferimento agli enti pubblici nazionali, molto carente è la pubblicazione dei dati sui procedimenti». Il responsabile del procedimenti è indicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito solo nel 19% dei casi. E appena il 44% rende visibile il termine di conclusione di una pratica o di altri procedimenti rilevanti. Il risultato migliora sul versante dell’accesso civico, garantito dal 75% degli enti pubblici monitorati, ma torna a peggiorare leggermente sui tempi medi di erogazione dei servizi indicati nel 63% dei casi.
*avvocato, docente, consulente legalità multidisciplinare – da LeggiOggi e Sole 24 Ore -21 gennaio 2014