Ha avuto un’accelerazione il via libera agli anticorpi monoclonali, farmaci che possono bloccare il virus Sars-CoV-2 nella fase iniziale dell’infezione, prima che abbia effetti devastanti e colpisca organi vitali. Diversi personaggi della comunità scientifica spingevano affinché l’Italia seguisse la scelta di Paesi come Usa e Canada che hanno «adottato» questi antivirali già a novembre 2020 in via emergenziale. Tra loro Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza.
Margherita de Bac, Il Corriere della Sera. E ieri l’agenzia Aifa diretta da Nicola Magrini e, successivamente, il consiglio di amministrazione presieduto dal virologo Giorgio Palù, hanno rilasciato l’autorizzazione. Sì a due monoclonali (delle aziende Regeneron ed Eli Lilly), quelli che si trovano già in uso clinico e sono corroborati da maggiori evidenze scientifiche di efficacia.
Sono state poste delle condizioni, però. Solo a pazienti ad alto rischio di sviluppare forme gravi di malattia che li porterebbero in ospedale col pericolo di esiti mortali. Dunque non sarà un farmaco ospedaliero ma domiciliare e bisognerà organizzare un sistema per poterlo portare a casa dei malati, da parte di personale medico.
La condizione fondamentale è che vengano somministrati precocemente, nelle fase iniziali dell’infezione. I decessi ancora in questa fase sono centinaia al giorno, i monoclonali possono essere dei «salvavita» se impiegati al momento giusto e nei pazienti con certe caratteristiche.
L’approvazione
L’Agenzia europea Ema non ha ancora dato l’ok È stato necessario
un decreto d’urgenza
Sono farmaci non ancora approvati dall’agenzia europea Ema. È stato dunque necessario ricorrere alla «decretazione d’urgenza» prevista da una legge del 2000 che ha recepito una direttiva europea. La stessa di cui ci si è serviti per far entrare in Italia terapie anti Ebola nel 2015. In questo caso per acquistare i monoclonali è stato utilizzato un fondo a parte, come aveva spiegato Magrini.
«Il fondo permetterà di darli a diverse decine di migliaia di pazienti», commenta con entusiasmo la notizia il presidente degli ordini dei medici Fnomceo, Filippo Anelli. «In uno scenario in cui la disponibilità del vaccino scarseggia ben venga ogni terapia che ci permette di sostenere chi si ammala. È una strategia per prendere fiato».
Il ministro Speranza nell’incontro con le Regioni sul piano vaccinale ha parlato di «altre opzioni terapeutiche» che possono essere un’arma in più anche se il vaccino resta essenziale. E ha detto: «Non bisogna avere timori sull’origine di certi preparati», facendo riferimento al vaccino russo Sputnik.
Come si comportano, che risultati danno e a quali malati vanno somministrati
1 Cosa sono gli anticorpi monoclonali?
Sono anticorpi prodotti in laboratorio ma derivati dal plasma dei guariti dal Covid 19. Si chiamano monoclonali perché vengono a partire da un unico clone per avere quantità di cellule tutte uguali. Possono essere prodotti in quantità notevoli grazie a tecniche di laboratorio consolidate che consistono in processi di purificazione ed espansione. L’uso degli anticorpi monoclonali ha rivoluzionato la pratica medica e le terapie per malattie degenerative, autoimmuni, neoplastiche e infettive molto gravi e letali. Le principali applicazioni riguardano l’oncologia, le malattie reumatologiche (artrite reumatoide e psoriasica) e le malattie croniche intestinali (colite ulcerosa, morbo di Chron).
2 Come funzionano gli anticorpi monoclonali per il Covid 19?
Il loro bersaglio è, come anche per i vaccini, la proteina Spike, quella utilizzata dal virus Sars-CoV-2 per entrare nella cellula umana. Gli anticorpi bloccano in modo potente e specifico l’ingresso del virus nella cellula. Chi riceve il farmaco diventa immediatamente «reattivo» all’infezione nel senso che l’organismo, una volta ricevute queste difese, comincia ad aggredire il virus. In teoria questi farmaci potrebbero essere impiegati anche come prevenzione, ma l’effetto della terapia ha una durata limitata, di qualche mese (gli studi devono accertarlo) ed essendo già disponibili i vaccini non avrebbe senso utilizzarli con questa funzione.
3 A quali malati andrebbero?
Il loro campo di applicazione ideale è nei pazienti che si sono infettati da poco, non ospedalizzati. Il farmaco deve essere somministrato nei primissimi giorni dell’infezione, circa 72 ore, in una fase in cui deve essere combattuta e neutralizzata una grande carica virale. L’obiettivo è anticipare lo scatenarsi della malattia. Il trattamento di questi antivirali potrebbe essere indicato per malati che per età, condizioni del sistema immunitario o patologie concomitanti sono più esposti al rischio di progressione dell’infezione e a forme gravi di malattia.
4 Verrebbero somministrati in ospedale?
Preferibilmente non andrebbero usati in ospedale ma in pazienti con un’infezione lieve o moderata che si trovino in isolamento domiciliare. Questi pazienti dovrebbero comunque ricevere il farmaco (un’unica infusione venosa) da personale specializzato. Negli studi sperimentali alcuni di questi farmaci hanno dimostrato di poter ridurre il rischio ospedaliero anche del 70% se dati nella fase iniziale della malattia.
5 Sono già stati approvati in altri Paesi?
Lo scorso novembre l’agenzia americana Fda e quella canadese ne hanno autorizzato l’uso emergenziale. Circa 600 mila dosi sono state distribuite negli Stati Uniti. Provvedimenti simili sono stati presi in Germania, Israele e Ungheria. L’agenzia europea Ema non ha ancora rilasciato la certificazione ma ha fatto sapere che ha cominciato a esaminare i risultati preliminari «e la valutazione continuerà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti».
6 Quante molecole sono state studiate?
Negli ultimi mesi sono stati pubblicati diversi studi sulle riviste Nature, Cell e Science da parte dei maggiori gruppi di ricerca mondiali e di istituzioni prestigiose. Almeno 6 anticorpi monoclonali sono già autorizzati o nella fase finale della sperimentazione, fra questi il cosiddetto Trump Cocktail di Regeneron (dato all’ex presidente degli Stati Uniti) e quello di Eli Lilly (prodotto anche nell’azienda di Latina). Sta per partire la sperimentazione del farmaco messo a punto dall’italiano Rino Rappuoli, Fondazione toscana Life Science.
7 E l’Italia?
Prima del via libera, deciso ieri, a due anticorpi monoclonali, con alcune condizioni e per una categoria limitata di pazienti, Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, aveva fatto un bando per la presentazione dei progetti (la scadenza è al 15 febbraio) «per verificare se questi farmaci possano essere una reale opzione terapeutica nelle fasi precoci della malattia». Il protocollo prevede che la sperimentazione sia rappresentata da anticorpi monoclonali in fase avanzata di sviluppo clinico e dovrà includere almeno due prodotti: bamlanivimab (Eli Lilly) e casirivimab/imdevimab (Regeneron).