Gli “stabilimenti” possono detenere i macrolidi nelle scorte. Lo puntualizza il Ministero della Salute. Chiarimenti sugli antibiotici in scorta per terapie non procrastinabili.
Dopo la seconda circolare operativa del 7 febbraio, l’Ufficio Medicinali Veterinari della Dgsaf torna a puntualizzare i divieti di detenzione degli antibiotici negli “stabilimenti” in cui si allevano o si detengono animali da compagnia o da reddito (allevamenti, canili, rifugi, ecc.) in risposta ad alcuni quesiti della Fnovi antecedenti la circolare del 7 febbraio.
La definizione di “stabilimenti” utilizzata dal decreto legislativo 218/2023 è data dal regolamento europeo di sanità animale e non include le strutture veterinarie autorizzate ai sensi dell’Accordo Stato Regioni del 2003.
I macrolidi – L’Ufficio precisa che nelle scorte di questi stabilimenti (articolo 32) i macrolidi -pur rimanendo il divieto di includerli nei protocolli terapeutici- sono consentiti. Infatti, il nuovo decreto legislativo vieta “esclusivamente” i medicinali veterinari che rientrano nelle classi di antibiotici di categoria B “Limitare” (Classificazione AMEG- AntiMicrobial Ema Group), cioè medicinali contenenti cefalosporine di terza e quarta generazione, polimixine e chinoloni.
I macrolidi rientrano nella categoria A “Attenzione”, con un grado di restrizione minore in quanto, per gli antibiotici di questa categoria esistono alternative nella medicina umana.
Quantitativi ridotti per un massimo di 5 giorni – Il Ministero chiarisce anche la disposizione (comma 10 dell’articolo 32) riguardante la detenzione in scorta di antibiotici in quantitativi ridotti per fronteggiare esigenze terapeutiche urgenti, non procrastinabili. Si tratta di un disposizione ripristinata dal Parlamento – non presente nella versione iniziale del decreto 218- tramite un emendamento dell’On Carlo Maccari (FdI) finalizzato a mantenere una condizione di salvaguardia- già prevista dal decreto legislativo 193/2006.
Pertanto, il vigente divieto generale di detenzione nelle scorte di medicinali antimicrobici (sia classificati Ameg B e e sia di antimicrobici ai fini della fabbricazione di medicati o da somministrarsi, per trattamento non individuale, attraverso gli alimenti liquidi o solidi e acqua di abbeverata) fa salva la detenzione di quantitativi ridotti di tali medicinali, commisurati alle necessita’ dell’allevamento, per un periodo non superiore a cinque giorni.
Il comma 10 dell’articolo 32 – chiarisce il Ministero- pone soltanto dei limiti quantitativi, commisurati alla necessità dell’allevamento, per un periodo non superiore a cinque giorni. Ribadendo che lo scopo della disposizione è di consentire “l’avvio, senza indugio, della terapia, al fine di evitare sofferenze inaccettabili all’animale”, il Ministero precisa che tale quantitativo “non rappresenta, in alcun modo, il quantitativo necessario per coprire l’intero ciclo terapeutico, per cui il medico veterinario può redigere una prescrizione veterinaria”.