Uno studio guidato da ricercatori della statunitense Princeton University e pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha analizzato per la prima volta su larga scala l’utilizzo degli antibiotici nell’allevamento di animali in 228 Paesi, prevedendo un forte aumento nei prossimi 15 anni. Una stima conservativa quantifica in 63.151 tonnellate gli antibiotici usati sugli animali nel 2010, stimando un aumento del 67% entro il 2030, con quasi un raddoppio in Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, a fronte di un aumento del 13% della popolazione.
Questo incremento sarà dovuto principalmente a due fattori: la crescita della domanda dei consumatori per i prodotti animali nei paesi a reddito medio, e il diffondersi di allevamenti di grandi dimensioni, dove gli antibiotici sono usati di routine. Per quanto riguarda l’Europa l’impiego di antibiotici è ammesso solo per uso terapeutico e dietro prescrizione veterinaria da comunicare alle autorità sanitarie.
Questo incredibile aumento degli antibiotici negli animali, utilizzati non a scopo terapeutico ma direttamente nei mangimi a fini preventivi e per la promozione della crescita, suscita gravi preoccupazioni riguardo la capacità dei farmaci di mantenere la loro efficacia nei prossimi decenni, sia sugli esseri umani, sia sugli animali.
I dati sugli animali sono ancora scarsi, a causa di una carenza di sistemi di sorveglianza finanziati con fondi pubblici e della riluttanza a diffondere i dati da parte degli allevatori e delle aziende produttrici di farmaci veterinari. Lo studio della Princeton University si è basato sui dati di consumo degli antibiotici in 32 Paesi ad alto reddito, da cui sono state estrapolate le stime per le nazioni a reddito medio e basso.
Beniamino Bonardi – Il Fatto alimentare – 7 aprile 2015