«Quali sono gli accertamenti sullergini della presenza nel Garda di sostanze inquinanti e pericolose quali diossine e Pcb? Quali sono i provvedimenti e quali sinergie sono in campo perché, nel caso di responsabilità accertate, vi sia un ristoro dei danni all’immagine del lago, degli operatori economici e delle associazioni di pesca, danneggiati da questa situazione?».
A chiederlo e ad attaccare sull’attuale situazione dei fondali benacensi, è il consigliere della Civica Trentina, Claudio Civettini. Il politico si sta occupando, almeno dal 2011, della problematica dell’inquinamento da diossine e Pcb e, in questi giorni, l’assessore all’ambiente del Trentino, Mauro Gilmozzi, ha risposto alle domande che confermano la gravità della situazione e riguardano l’intero bacino. Anzi, molto più Veneto e Lombardia che il Trentino, un po’ meno inquinato da diossine e Pcb.
L’esito del monitoraggio sulle anguille contaminate, di cui L’Arena ha dato conto, aveva mostrato numeri poco rassicuranti: l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo, il più esperto in Italia sulle contaminazioni nei prodotti alimentari, ha confermato che circa metà della novantina di campioni di anguille esaminati risultano contaminati. Da Trento hanno ribadito anche la necessità di ripetere controlli sui sedimenti. «Si fa presente», ha scritto l’assessore Gilmozzi analizzando i dati dell’Agenzia per la protezione ambientale del Trentino, «che la problematica della contaminazione da diossine e Pcb riguarda prevalentemente i comparti sedimento e biota (l’insieme della vita vegetale e animale, ndr) poiché sono composti chimici che presentano bassa solubilità m acqua, vengono assorbiti sulle particelle minerali e organiche presenti nei fondali, e tendono a concentrarsi nel sedimento o nella componente grassa degli organismi viventi come i pesci. Si tratta, quindi, di inquinanti organici persistenti, dotati di struttura chimica stabile e considerevole vita media, con scarsa biodegradabilità. Il sedimento lacustre risulta il comparto più vulnerabile dal punto di vista dell’accumulo degli inquinanti e a livello normativo non esiste uno standard di qualità ambientale per diossine e Pcb attribuibile a sedimenti per corpi idrici lacustri». Anche secondo il Trentino, insomma, sarà difficile se non impossibile, rimuovere l’inquinamento dai fondali lacustri.
L’Arena – 22 febbraio 2017