L’11 febbraio una conferenza interregionale. Salvelli: «Il parametro degli inquinanti è alterato in 3 prelievi su 4» I pesci sono allevati in Francia e vengono poi immessi nel lago
Prosegue lo stato di allerta sanitaria per la questione della diossina, ritrovata in tre campioni (su quattro) prelevati su anguille pescate nel lago di Garda. E dall’Ulss 22 arrivano nuovi dettagli sulla vicenda. A confermare la notizia a L’Arena era stato per primo il sottosegretario alla salute, Francesca Martini, delegata alle materie della sanità pubblica veterinaria, degli alimenti e della nutrizione. «Ci sono delle tracce, ma per il momento non sembra esserci un reale pericolo per la salute. Posso confermare che stiamo facendo ulteriori studi per approfondire la problematica e, dopo gli accertamenti che faremo con l’Istituto Zooprofilattico di Brescia, prenderemo delle decisioni», aveva chiarito l’esponente leghista.
Nessuna ordinanza di blocco del consumo di questo pesce, quindi. Almeno per ora. L’anguilla, che in questo periodo vive in acque profonde, è un pesce che si sposta moltissimo e, soprattutto, non è autoctono. «Dagli anni ’60, infatti, nel lago vengono immessi esemplari d’allevamento», spiega Marco Cavallaro, rappresentante dei pescatori professionisti bresciani, che in passato provenivano dalle foci del Tevere e dell’Ombrone e oggi dalla Francia, in particolare dalla Camargue.
Questo particolare impone di non escludere l’eventualità che le anguille risultate positive ai test per le diossine possano essere state contaminate all’origine. Di certo, saranno necessari altri approfondimenti, come sottolinea lo stesso Cavallaro, anche perchè questo pesce, pur vivendo sui fondali, risale anche gli affluenti del lago. «E poi quattro esemplari sono davvero troppo pochi per trarre conclusioni che potrebbero essere affrettate», conclude il pescatore.
Il sottosegretario Martini aveva anche confermato che «per tutte le altre specie ittiche del Garda, come pure per la salute delle acque stesse, non è stata riscontrata alcuna anomalia nei parametri». Non c’è, in sintesi, nessun allarme inquinamento per le acque del lago, nè per il consumo degli altri pesci.
«Il problema», chiarisce il dottor Alessandro Salvelli, direttore del Servizio Veterinario della Ulss 22, «è emerso da alcune indagini e controlli periodici sui pesci fatti dall’Ulss 22, congiuntamente alla Provincia di Verona e alla Regione. Da tre prelievi su 4 fatti nell’area di nostra competenza è risultato esserci il parametro degli inquinanti diossino-simili alterato». Di quanto alterato il dottor Salvelli, per il momento, non lo dice ma aggiunge che «il problema è relativo all’accumulo, quindi al contatto nel tempo da parte delle anguille con queste sostanze e al loro deposito nel grasso».
«La prima conferenza interregionale con tecnici della Regione Veneto, della Lombardia e della Provincia di Trento», svela Salvelli, «si è svolta qualche giorno fa a Valeggio. Il prossimo appuntamento è fissato a Venezia venerdì 11 febbraio. In quella sede, dal confronto interregionale scaturiranno i controlli e il monitoraggio su altri campioni di anguille. Trattandosi di una problematica interregionale, è probabile che la vicenda finisca sul tavolo del ministero».
Ma c’è un allarme per la salute pubblica, in questo momento? «Nessun allarme», tranquillizza Salvelli, «c’è una situazione di allerta che necessita di ulteriori accertamenti visti i riscontri non favorevoli emersi dai nostri dati. Vorrei rassicurare i cittadini anche perchè, a differenza delle anguille, gli altri pesci sottoposti a campionamento, sia quelli di superficie che quelli di media profondità, sono risultati esenti da problemi».
Dalla conferenza interregionale dell’11 febbraio insomma «scaturiranno, secondo un protocollo ministeriale-regionale, le direttive da applicare sull’intero bacino. Dopo di che prenderemo i provvedimenti più opportuni, forse anche di monitoraggio ambientale».
Ma fino a decisioni chiare, i cittadini possono mangiare le anguille? «In via prudenziale», ha detto Salvelli, «visto che è emerso un problema, è bene pensare che si può evitare di mangiarle in attesa dei chiarimenti necessari».
Nella vicenda interviene anche il Partito democratico, che chiede rassicurazioni e si pone alcuni quesiti. Vincenzo D’Arienzo, segretario provinciale del Pd, si domanda «come mai, se la notizia era in possesso del ministero già da qualche giorno, non sia stata divulgata alla popolazione e a chi spettava tale compito». E precisa: «Senza fare allarmismi, andavano però almeno informati subito gli enti competenti, mi riferisco a Consiglio provinciale e commissioni per questioni di trasparenza».
D’Arienzo spiega infatti che, proprio per il pericolo che la notizia finisca in qualche modo per danneggiare anche il turismo del lago, una tempestiva informazione sarebbe stata auspicabile. «Il fatto che alcuni prodotti ittici siano inquinati da sostanze pericolose non è una buona pubblicità per il territorio. Mi auguro che la Provincia apra subito un percorso di trasparenza e informazione». D’Arienzo sottolinea anche che, per le anguille d’allevamento, «sarebbe il caso di fare una verifica della filiera».
6 Febbraio 2011 – L’Arena