Il punto della situazione è stato fatto nel corso dell’ultimo convegno, organizzato dal Ministero della Salute e dall’Izs Lazio e Toscana. I dati, nonostante la disomogeneità territoriale, hanno dimostrato l’efficacia del lavoro di prevenzione.
Migliora la situazione italiana riguardo l’anemia infettiva equina. I dati del Piano di sorveglianza attuato negli ultimi 6 anni, ed i risultati conseguiti a livello nazionale, sembrano far vedere i frutti del lavoro di prevenzione attuato. Se ne è parlato nel corso del convegno internazionale dal titolo “Anemia infettiva degli equini attualità e prospettive di controllo a sei anni dalla sorveglianza pianificata”, organizzato dal Ministero della Salute e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, al quale hanno partecipato oltre 250 veterinari pubblici, libero professionisti e ricercatori italiani e di altri 8 altri Paesi.
Nel periodo di sorveglianza 2007/2011, su 1.080.043 cavalli esaminati, 1479 sono risultati positivi. Differente la situazione dei muli, fra i quali la proporzione dei positivi è nettamente superiore (736/12.000). Modeste le prevalenze nella specie asinina in cui sono stati accertati solo 35 casi.
Anche se i livelli di controllo non risultano omogenei fra le diverse regioni, i dati riferiti sia al numero delle aziende controllate, sia alla popolazione di equidi nel suo complesso dimostrano l’efficacia delle misure adottate e dei diagnostici in uso, emergendo un trend che prospetta una progressiva riduzione dei focolai e dei casi d’infezione.
Il lavoro procede nella direzione della prevenzione. La progressiva integrazione delle banche dati esistenti, precisamente la Banca dati degli equidi detenuta presso le associazioni nazionali degli allevatori e Ministero delle politiche agricole e forestali e la Banca dati nazionale dell’anagrafe zootecnica del Ministero della Salute, consentirà una migliore pianificazione delle attività sanitarie e della valutazione e gestione del rischio.
Il quadro epidemiologico più completo offre spunti concreti al riesame della normativa sulla base della gestione del rischio, punto centrale nell’ambito normativo di una malattia infettiva.
La definizione del trend epidemiologico potrà aiutare a individuare azioni di sorveglianza attiva mirate nelle aree e nelle popolazioni più a rischio con un conseguente diradamento dei controlli, senza tuttavia vanificare i risultati ad oggi conseguiti.
Cos’è l’anemia infettiva equina? Si tratta di un’infezione, non trasmissibile all’uomo, provocata da un virus, appartenente al genere dei Lentivirus, cui sono recettivi tutti gli equidi.
Il virus può essere trasmesso per via iatrogena attraverso aghi e strumenti contaminati, per trasfusione di sangue ed emoderivati e da insetti ematofagi (famiglia Tabanidae) che agiscono come vettori passivi fra equidi infetti ed equidi sani.
L’infezione può manifestarsi in forma acuta, cronica o subacuta/inapparente. In ogni caso l’animale sieropositivo anche asintomatico, mantenendo il virus nel suo organismo per tutta la vita, può essere fonte di diffusione.
Come test di screening per la diagnosi dell’infezione sono disponibili dei test Elisa. In caso di positività la conferma di laboratorio avviene mediante l’impiego del metodo di immunodiffusione in gel di agar (Agid), più comunemente conosciuto come test di Coggins che tuttavia per la modesta sensibilità può dare esiti di falsa negatività con conseguente aumento del rischio di diffusione. La ricerca ha migliorato la sensibilità del sistema diagnostico, attraverso l’adozione di un algoritmo di test in serie (Elisa, Agid, immunoblotting), ponendo all’attenzione della comunità scientifica l’esigenza di adeguare le disposizioni normative.
La normativa italiana prevede il controllo di tutti gli animali di età superiore ai 6 mesi, fatta eccezione di quelli destinati al macello. Per i soggetti positivi è previsto l’isolamento in condizioni di biosicurezza, provvedimento che talvolta entra nel merito della dimensione affettiva uomo-animale. Ciò ci distingue dagli altri paesi dell’Unione europea e, soprattutto, anche da quelli che vantano una tradizione di salvaguardia e tutela della protezione animale.
La normativa, è ispirata al controllo dell’infezione ai fini di limitarne la diffusione e tutelare il benessere generale della popolazione equina, nonché per consentire il regolare scambio di equidi e materiale biologico e genetico con il resto del mondo.
quotidianosanita.it – 5 ottobre 2012