Repubblica. «Io sul camion ho scritto lo slogan “Passione di famiglia”. Questa non è una bella pubblicità». Basta entrare in un bar sulla Romea, nel borgo di San Vittore, vicino Cesena, per trovare qualcuno che lavora per Amadori. Come il camionista che da 21 anni porta in giro per l’Italia polli e tacchini della famiglia al centro dell’ultima faida industriale. Il licenziamento di Francesca Amadori, la nipote prediletta del fondatore Francesco, quello di “Parola di Francesco Amadori”, ha del resto stupito tutti, qui attorno: licenziata dal padre Flavio nell’azienda creata dal nonno nel 1969, oggi un impero da oltre un miliardo di ricavi. Lo stabilimento di via del Rio, dove lavorano oltre 3 mila persone, si sviluppa tra le case e qui sanno tutti dove abita il nonno di Francesca, che proprio ieri festeggiava 90 anni. Un compleanno reso amaro dal licenziamento della nipote, ormai ex responsabile comunicazione, formalizzato martedì, col padre all’estero.
«Giri alla tabaccheria e poi subito a sinistra», spiegano al distributore. Ma nella villetta di Francesco, ieri, non c’era la ressa di una volta, sia per le cautele legate al Covid, sia per l’ultimo strappo che ha scavato l’ennesimo solco tra gli Amadori. Col fondatore Francesco ieri c’erano i due figli, Flavio, presidente del gruppo, e Denis, vice- presidente. «Non facciamo dichiarazioni », spiega quest’ultimo uscendo dalla villetta, anche se, come per negare che la ricorrenza non venga onorata (ieri gli Amadori hanno comprato pagine sui giornali per fare gli auguri al patron) aggiunge: «Come vede, il compleanno viene festeggiato in famiglia».
A chi gli fa notare che manca una nipote risponde semplicemente «che non poteva venire», visto che a Francesca il licenziamento è arrivato mentre si trovava in isolamento perché positiva al Covid. E a poco serve ricordare quel che si dice, nei salotti di Cesena, sui rancori interni alla famiglia che sarebbero la vera causa della decisione. «Le cose sono più complesse di come si racconta», si limita a dire Denis Amadori, attenendosi a quel che il gruppo ha dichiarato finora, quel «le regole sono uguali per tutti » che permette anche il licenziamento della “figlia di”. «Mi sono sempre comportata correttamente, farò causa. Il licenziamento è dovuto ad altre logiche», ha detto invece lei. Tra i lavoratori prevale la sorpresa e la solidarietà per Francesca. «Siamo tutti rimasti di sasso», ammette Giampiero, che lavora al macello tacchini da 10 anni ed esce col segno della cuffia igienica sulla fronte. «Forse ha criticato il padre e non gliel’hanno fatta passare liscia », continua una delle tante operaie straniere, del reparto polli. «Mi dispiace molto per Francesca, era una di noi, sempre presente – ragiona un’altra lavoratrice, da 27 anni in azienda – Finché c’è il fondatore, anche se fuori dall’impresa, siamo tranquilli, ma poi?». «Gli hanno fatto un bel regalo a Francesco per i suoi 90 anni», scherza un altro operaio, avviandosi alla macchina.
Da queste parti sono abituati alle liti degli Amadori. La famiglia comincia a lavorare nel settore fin d agli anni Trenta, quando Ondina e Agostino, assieme ai figli Adelmo, Arnaldo e Francesco, iniziano a commercializzare pollame. Poi i tre fratelli nel 1969 fondano ufficialmente l’azienda Amadori che si allarga aprendo stabilimenti e allevamenti in giro per l’Italia. Risale agli anni Ottanta il primo screzio, con la liquidazione di Adelmo. Restano così Francesco e Arnaldo. Ma quest’ultimo sbatte la porta alla fine degli anni Novanta e se ne va in Brasile, dove avvia altre attività prima di morire nel 2017 per un infarto. Oggi nel gruppo, controllato dalla famiglia grazie a un complicato sistema di società e cooperative, restano dunque i figli di Francesco, Flavio e Denis, presidente e vice, oltre ad Andrea e Gianluca, figli di Arnaldo, anche se con ruoli e quote minori.
E fino a martedì c’era anche Francesca, che sembrava destinata a scalare la società con la protezione del nonno. Mentre ha lasciato il gruppo anni fa sua madre Maurizia Boschetti, ex direttore finanziario, dopo la separazione da Flavio. E proprio gli attriti con la nuova compagna del padre, così come i rapporti tesi con lo zio Denis e i giudizi non lusinghieri di Francesca nei loro confronti, vengono citati a più riprese tra San Vittore e Cesena per spiegare lo strappo di oggi. «Mi auguro solo che non ci siano ripercussioni sul futuro dell’azienda», commenta Giuliano Zignani, segretario della Uil regionale. Ed è un po’ quello che si augurano tutti, in via del Rio. «Questa è un’impresa familiare – spiegano alcune lavoratrici davanti allo spaccio aziendale – Padre e figlia dovrebbero trovare un punto di equilibrio».