«Renzi riconosca che non ha il consenso delle persone oneste, dei lavoratori e di chi cerca lavoro». Eccola, la frase incriminata. Maurizio Landini la pronuncia in mattinata, durante un corteo di protesta della sua Fiom a Napoli, proprio mentre il premier sta incontrando al BusinessEurope, assieme al presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il gotha delle associazioni degli industriali europei.
Sottolineando proprio l’oggetto della discordia in casa, ossia il superamento dell’articolo 18 simbolo della «tradizione» italiana, per invitare a tornare ad investire nel nostro Paese (si veda l’articolo a pagina 5). Una distanza siderale, anche fisica, dai suoi contestatori che Matteo Renzi non fa niente per nascondere. E che anzi, agli occhi dell’Europa, rafforza la “rivoluzione” della riforma messa in campo. Il premier sceglie di non replicare direttamente. Ma anche senza nominarlo è certo a Landini che pensa quando dice che «il lavoro si salva tenendo aperte le fabbriche e non alimentando polemiche, risolvendo le crisi industriali e non giocando a chi urla più forte». Alle bordate, insomma, da Palazzo Chigi si risponde con i fatti. Non è un caso che con l’hashtag #bastainsulti su Twitter Renzi annuncia, proprio mentre scoppiano le polemiche sulla frase di Landini, l’accordo per la Ferriera di Trieste con 410 posti diretti salvati e oltre 1.000 nell’indotto. «Nel frattempo che lui ci insulta noi si portano a casa posti di lavoro e si continua ad andare dappertutto, a incontrare, a visitare aziende, a stringere mani di lavoratori», dice ai suoi collaboratori il leader del Pd. Che ha dato l’input ai ministri competenti, Federica Guidi in primis, di tentare di chiudere positivamente vertenze decisive come quella dell’Ast Terni.
Ma se Renzi sceglie il low profile, non infilandosi nella polemica diretta con Landini e con la stessa leader della Cigl Susanna Camusso (che ieri ha rimarcato il feeling con Squinzi notando che «è normale che il presidente di Confindustria ringrazi il premier, sarebbe scortese se non lo facesse visto che l’accoglimento di un pacchetto così completo delle proposte di Confindustria non ha precedenti»), immediata è la reazione del presidente del Pd Matteo Orfini. «Dire che il governo non ha il consenso delle persone oneste offende milioni di lavoratori che nel Pd credono. Spiace che a farlo sia un sindacalista», twitta l’ex “giovane turco” Orfini. E immediata è anche la reazione di Squinzi: «Personalmente mi ritengo una persona molto onesta, non onesta ma di più. Riteniamo che il Paese abbia bisogno di un nuovo climadi relazioni industriali». Lo stesso Landini ha poi precisato le sue parole dicendo di non aver mai pensato che Renzi non ha il consenso degli onesti: «Ho detto – ha spiegato – che il premier non ha il consenso della maggioranza delle persone che lavorano o che il lavoro lo cercano e che sono nella parte onesta del Paese che paga le tasse». Ma insomma la critica radicale alle scelte del governo resta tutta: «Renzi non sta creando lavoro, ma sta trasformando le condizioni di chi lavora in schiavitù».
Insomma ne è passata di acqua sotto i ponti da quando tra Renzi e Landini sembrava esserci una sorta di luna di miele, da quando cioè con alcuni incontri prima e dopo l’inizio di Renzi a Palazzo Chigi sembrava che il leader della Fiom fosse stato scelto come interlocutore privilegiato con il mondo del lavoro. Con il premier accolto in Emilia Romagna e Calabria, dove domani si vota per le regionali, da sia pur circoscritte proteste e con lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil contro il Jobs act alle porte, i toni dello scontro tra governo e sindacato hanno raggiunto nelle ultime ore livelli di guardia. Una situazione che preoccupa molto la minoranza del Pd raccolta nell’Area riformista di Roberto Speranza e Cesare Damiano, che pure dopo l’accordo alla Camera sul Jobs act ha allargato a sua volta il solco con la Cgil e la Fiom. «I toni tra governo e sindacati si sono fatti molto aspri nelle ultime ore; mentre nel Paese si susseguono iniziative di violenza nei confronti di sedi del Pd e di contestazioni anche nei confronti del Presidente del Consiglio. Area Riformista ritiene che queste forme di prevaricazione vadano fermate senza tentennamenti, mentre occorre da parte di tutti i protagonisti ricondurre i toni anche polemici su un piano di rispetto reciproco e di confronto di merito», è la preoccupata nota della minoranza dem. Che è anche un “invito” al premier.
Il Sole 24 Ore – 22 novembre 2014