All’ordine del giorno della politica torna l’autonomia. Ma coi presidenti delle Regioni in disaccordo tra loro. Un dissenso che contrappone due leghisti, Luca Zaia e Attilio Fontana. Con Stefano Bonaccini, presidente Pd dell’Emilia-Romagna, che si schiera con Zaia, avviando un’inedita alleanza istituzionale Pd-Lega, con Fontana dietro la lavagna. Bonaccini è andato a Venezia per incontrare Zaia.
«Abbiamo parlato – dice – di importanti progetti in comune finanziati dal Pnrr e dei temi da affrontare in una logica di area vasta, della capacità progettuale e di programmazione di Emilia-Romagna e Veneto per sostenere e affiancare le nostre comunità locali e per dare risposte a nuove fragilità e fratture sociali, ma anche di ripresa dei nostri territori e del Paese e di autonomia differenziata. 11 governo ci convochi al più presto perché ci sono le condizioni per riprendere in mano il progetto e arrivare alla concessione della gestione diretta di alcune materie, così come previsto dalla Costituzione, attraverso il pieno coinvolgimento del parlamento, attraverso una legge quadro, e la definizione dei medesimi livelli essenziali delle prestazioni in tutto il Paese. Un percorso comune, pur nella diversità delle proposte delle singole Regioni: come Emilia-Romagna sia chiaro non chiediamo un euro in più allo Stato, ma solo di poter gestire meglio le risorse che già oggi ci arrivano».
Piena sintonia con Zaia, il quale non ha dubbi: «Marceremo insieme». Dice: «Ci conoscevamo già da prima, ma in questi 24 mesi di pandemia abbiamo vissuto davvero tanto insieme. L’incontro è servito per fare il punto della situazione sulla collaborazione tra le nostre regioni. Quella dell’autonomia sarà una partita cruciale nelle prossime settimane, siamo in attesa di una risposta dal governo, Draghi deve battere un colpo. Penso che dopo 4 anni e 4 diversi governi i tempi siano maturi. Non vogliamo lasciare alibi a nessuno ma ci aspettiamo che il governo accolga le istanze presentate dalle nostre regioni approvando la legge quadro che ci garantirà di avviare l’autonomia. Siamo ai calci di rigore, la partita è questi chiusa, ci aspettiamo di essere convocati il prima possibile. Il presidente Mattarella lo ha ricordato anche nel suo discorso di insediamento: l’attenzione del Quirinale sarà fondamentale in questo percorso. Nonostante le differenze politiche, la nostra collaborazione sta diventando sempre più proficua». Così Zaia e Bonaccini hanno dato il consenso alla bozza di legge quadro messa a punto dal ministro Mariastella Gelmini, che dovrebbe arrivare in parlamento. Però a mettersi di traverso è Attilio Fontana, con disappunto di Zaia e Bonaccini.
«Una legge quadro – afferma Fontana – ritengo che vada contro i dettami costituzionali. La Costituzione dice che l’autonomia si raggiunge mediante l’intesa fra governo e ogni singola Regione, poi il parlamento deve eventualmente ratificare o respingere l’accordo raggiunto. Una legge quadro è una scelta che viene fatta altrove, non è più tra governo e Regione, questo è evidente. Perché nel momento in cui si definisce una legge quadro si definiscono gli ambiti all’interno dei quali si possano raggiungere gli accordi. E’ chiaro che se loro definiscono degli ambiti, noi non siamo più liberi di fare un accordo e non è quello che dice la Costituzione. Poi ognuno la pensa a modo suo, però chissà perché quando la Costituzione dice certe cose si fa finta di non vederla, quando ne dice altre guai a chi la tocca».
Per non lasciare dubbi, Fontana aggiunge: «Legge quadro vuol dire che deleghiamo al parlamento le scelte ma la Costituzione e soprattutto l’accordo raggiunto nel caso della Lombardia dall’allora governatore Roberto Maroni con il sottosegretario Gian Claudio Bressa, dicono altro. Mi chiedo perché si debba disconoscere un provvedimento riconosciuto dal presidente della Repubblica, che per inciso è lo stesso in carica. La ritengo una scelta molto pericolosa. Ho parlato con Zaia dicendogli che per me la strada è sbagliata. Dirò sempre cosa penso: l’approdo in parlamento sarà un Vietnam da cui non usciremo mai». Cerca di barcamenarsi, non intervenendo nella polemica, il presidente della Conferenza delle Regioni (e presidente del Friuli Venezia Giulia), Massimiliano Fedriga (Lega): «La valorizzazione dell’autonomia se prima era partita principalmente dai territori del Nord del Paese, oggi è fondamentale anche perle Regioni del Sud. Ritengo che i rapporti con lo Stato centrale durante la pandemia abbiano fatto capire con chiarezza che valorizzare l’autonomia di tutte le Regioni può garantire migliore risposte ai cittadini e un migliore coordinamento degli enti della Repubblica nelle stesse risposte da dare». La ministra Gelmini dovrà vedersela con le Regioni in disaccordo. Con in più una sorta di minaccia: Fontana potrebbe ricorrere alla Consulta: «Devo vedere come faranno la legge quadro, poi deciderò». Però il ministro non ha dubbi, solo procedendo con la legge quadro sarà possibile tagliare il traguardo dell’autonomia in questa legislatura: «L’autonomia – dice – non è un modo di disgregare lo Stato perché le Regioni esistevano ancor prima dello Stato. Siamo pronti, perché la legge quadro c’è e le intese ci sono a fare questo passaggio come anche a dare poteri speciali a Roma. La scelta che il ministro Boccia aveva delineato di una legge quadro nazionale la condivido. Ci sono le condizioni per tenere a livello nazionale materie che devono avere un’impronta unitaria, ma dall’ambiente ai beni culturali, alle politiche per l’occupazione c’è la possibilità di benefici al cittadino dove siano chiare le competenze. Abbiamo individuato come percorso quello di una legge quadro che vada a definire il confine di quei diritti che devono essere universalmente riconosciuti indipendentemente dalla Regione di appartenenza. Dopodichè credo che, anche in una logica di semplificazione e di accelerazione dei processi amministrativi, ci siano dei temi dove un riconoscimento di autonomia farebbe bene ai cittadini».
Ma la ministra dovrà vedersela non solo con Fontana che non vuole la legge quadro ma pure con i contrari all’autonomia, che si sono ritrovati in Friuli e hanno dato vita al Tavolo contro l’autonomia, composto da rappresentanti di sindacati, Cobas, Sinistra Italiana, Libertà e giustizia, ecc. (presenti anche i senatori Gregorio de Falco (ex-M5s) e Paola Nugnes (Sinistra Italiana). Dice la coordinatrice, Marina Boscaino: «Concedendo maggiore autonomia a determinati territori si passerà da Prima gli Italiani a Prima i Veneti o Prima i Lombardi. Sulla scuola, per esempio, il Veneto chiede tutte le competenze, dal reclutamento ai programmi. Se le ottenesse, i professori costretti all’obbedienza dovranno insegnare secondo le indicazioni dei vertici della Regione»
Italia Oggi