Pubblicato da Roberto La Pira il 24 febbraio 2014. Dopo l’articolo sulle campagne di richiamo dei prodotti alimentari che riporta la posizione del procuratore di Torino Raffaele Guariniello, abbiamo chiesto un contributo a Fabrizio De Stefani, direttore veterinario ASL ed esperto in sicurezza e diritto alimentare, sulle regole da seguire in caso di allerta. De Stefani pone l’accento su quale deve essere la soglia di pericolo per cui diventa importante avvisare i consumatori. Sitratta di una questione non banale visto che in diversi casi si attivano allerte alimentari per motivi marginali.
Quando si viene a conoscenza di un grave rischio per la salute del consumatore correlato a un alimento che è stato immesso sul mercato, l’operatore del settore alimentare che ha importato, prodotto, trasformato o distribuito il prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza deve immediatamente e concretamente dare il via alle procedure per il ritiro degli alimenti che non siano più sotto il suo diretto controllo e contestualmente deve avvisare l’autorità competente (Azienda Sanitaria Locale) che attiverà il Sistema di Allerta.
Nel caso in cui l’alimento pericoloso sia arrivato ai consumatori, è sempre l’operatore del settore alimentare che deve informare in maniera efficace e accurata gli stessi consumatori del motivo del ritiro e che deve provvedere al richiamo dei prodotti, se necessario, come disposto dall’art. 19, p.1, del Regolamento CE n.178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. L’operatore del settore alimentare che non provvede a fornire le informazioni prescritte è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila euro a dodicimila euro prevista dall’art. 4 del Decreto Legislativo n. 190/2006 che disciplina le sanzioni per le violazioni del Regolamento CE n.178/2002.
Nei casi più eclatanti per natura, gravità ed entità del rischio, al livello di informazione “ordinaria” si deve aggiungere un informazione “straordinaria”, alla quale deve provvedere l’autorità pubblica che, oltre ad identificare nel modo più esauriente possibile l’alimento e il rischio che può comportare, deve descrivere le misure adottate o in procinto di essere adottate per prevenire, contenere o eliminare tale rischio, in ossequio al principio dell’informazione dei cittadini sancito dall’art. 10 del Regolamento CE n.178/2002. Ci sono però delle limitazioni da considerare.
Lo stesso Regolamento CE n.178/2002, infatti, dispone all’art. 52 le regole di riservatezza per il sistema di allarme rapido a cui deve attenersi il personale delle Autorità competenti (Ministero della Salute, Regioni e Provincie autonome, Aziende sanitarie locali) imponendo il segreto professionale e limitando la possibilità di diffusione delle informazioni nel solo caso “che debbano essere rese pubbliche, quando le circostanze lo richiedano, per tutelare la salute umana”, prevedendo quindi che non tutti i pericoli alimentari siano gravi allo stesso modo.
Con l’attivazione da parte dell’autorità pubblica del Sistema di Allerta alimentare, si ravvisano pressoché invariabilmente una serie di possibili ipotesi di reato riferibili ad un pericolo concreto (nocività) previste dagli articoli 439, 440, 442, 444 e 452 del Codice penale, o di pericolo potenziale (pericolosità) riguardanti la Legge speciale n° 283/1962 di disciplina igienico-sanitaria della produzione e della vendita delle sostanze alimentari.
In questi casi il personale veterinario, medico e tecnico delle Aziende sanitarie locali, che nell’adempimento “tecnico amministrativo” della gestione delle allerta viene a conoscenza d’ufficio di tali violazioni ,deve attivarsi in parallelo sul piano della tutela penale assumendo automaticamente la veste di polizia giudiziaria con la quale è tenuto ad agire in dipendenza funzionale del Pubblico Ministero nel rispetto del segreto istruttorio disposto dall’art. 329 del Codice di Procedura Penale. Riassumendo quindi, le informazioni riguardanti gli alimenti già venduti ai consumatori che rappresentano un grave rischio per la salute, devono essere rese pubbliche:
1) dall’operatore del settore alimentare che ha importato, prodotto, trasformato o distribuito un prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza, in qualunque caso (art. 19, p.1 del Regolamento CE n.178/2002);
2) dalle autorità pubbliche quando le circostanze lo richiedano, nei casi particolarmente gravi, per tutelare la salute umana (art. 52 Regolamento CE n.178/2002).
Le norme non mancano ma si dovrebbe chiarire a quale livello di rischio per i consumatori si deve prevedere l’intervento informativo pubblico e in quale modo devono essere mediate le informazioni a tutela della salute dei cittadini, affinché siano coerenti, uniformi ed efficaci su tutto il territorio nazionale.
Fabrizio De Stefani (direttore veterinario Asl ed esperto in sicurezza e diritto alimentare)
Il Fatto alimentare – 24 febbraio 2014