“Un’invasione senza precedenti”. Così, in una conferenza del 26 giugno, il CAI di Belluno ha definito l’aumentata presenza di zecche nelle montagne della provincia. Ma il problema, che ha grosse conseguenze sanitarie, non è purtroppo limitato al solo Nordest. Negli ultimi anni, questi artropodi parassiti di uomo e di animali domestici e non, a volte piccoli come una capocchia di spillo, hanno dimostrato di essere un pericolo crescente per la salute umana. Ma annullare le vacanze nelle Dolomiti non serve; meglio piuttosto imparare a difendersi da questi mini-Dracula che, se infetti, mentre pasteggiano con il nostro sangue riversano in circolo virus o batteri. Ne parliamo con il prof. Maurizio Ruscio, presidente nazionale del Gruppo Italiano per lo Studio della malattia di Lyme, specialista Igiene e Medicina Preventiva e curatore del sito Morso di zecca, che dal 1985 si occupa della problematica.
Un fenomeno sempre più diffuso
Le zecche non sono una novità, lo è piuttosto la loro presenza un po’ tutto l’anno, non solo in primavera, e l’espansione in zone diverse da quelle finora più interessate: aree montane e pedemontane del Nordest. “Il fenomeno è legato al cambiamento climatico e all’aumento delle temperature. L’inverno meno freddo consente loro di replicarsi in un ciclo continuo”. Le aree più interessate, secondo l’OMS, sono il Nordamerica e l’Europa, in particolare Italia, Francia e Spagna. “Quanto all’Italia, il problema sta esplodendo un po’ in tutte le regioni, soprattutto in Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Lombardia. E negli ultimi due anni sono aumentati senza paragoni i casi di malattie trasmesse dalle zecche”, constata l’esperto.
Otto malattie
Tra le malattie trasmesse da questi parassiti ci sono ehrlichiosi e anaplasmosi, causate da batteri e in genere lievi o asintomatiche (ma a volte con sintomi simil-influenzali più pesanti), e la febbre di Crimea-Congo, che si può trasmettere anche da persona a persona. “È una grave febbre emorragica che in Spagna ha già causato dei morti. Il virus è già stato individuato su bovini in Basilicata e Corsica”. Maggiore prevalenza hanno però la TBE, o encefalite da zecca, e la borelliosi di Lyme. La prima è una malattia virale del sistema nervoso centrale. Un terzo dei casi dà sintomi lievi, un altro terzo simil-influenzali, il restante evolve in gravi sintomi neurologici cronici. “Non esiste cura, ma è disponibile un vaccino efficace già somministrato a 75 milioni di persone. Al momento il rischio di infezione è più basso rispetto al Lyme, ma la malattia si sta diffondendo molto, anche in aree nuove costiere”. Più subdolo il Lyme, non segnalato da febbre. “Di solito nella seconda settimana compare un eritema intorno alla puntura, ma nel 40% dei casi europei non si manifesta”. Di origine batterica, il Lyme interessa soprattutto pelle, articolazioni, sistema nervoso e organi interni; se non curato bene può cronicizzare. In assenza di eritema migrante (una grande macchia rossa), la malattia è diagnosticabile con un esame del sangue, da fare 8 settimane dopo la puntura (o, in caso di morsi ripetuti, una volta all’anno). Come ehrlichiosi e anaplasmosi, è curabile con gli antibiotici, ma l’intervento deve essere tempestivo. Purtroppo, però, le zecche passano spesso inosservate.
Prevenire le punture
“Attraverso la saliva, le zecche inoculano un potente anestetico e un anticoagulante, entrambi allo studio per la loro efficacia”. Così non si notano, soprattutto se piccolissime; ma più tempo stanno addosso, maggiori sono le probabilità di infezioni. Perciò va prevenuto l’insediamento. Per lo più, le zecche salgono sull’ospite quando ne percepiscono il passaggio; ma le marginate, di cui si è parlato di recente per la crescente diffusione sul Carso, “inseguono” l’ospite per qualche metro. “Possono percorrere 100 m in un’ora e trasmettere all’ospite la febbre di Crimea e Congo”. Sono però più grosse e meglio visibili, Per non imbarcare passeggeri indesiderati, bisogna evitare soprattutto le zone umide con l’erba alta; non sdraiarsi né sedersi sui prati; indossare pantaloni lunghi, camicie con le maniche, calze e scarpe e ogni tanto controllare di non avere addosso i parassiti. “I repellenti cutanei hanno breve durata. Sugli abiti si può usare la permetrina, un veleno. Va spruzzata all’aperto e bisogna attendere 24 ore prima di indossare i vestiti. L’effetto dura per sei mesi”. Niente repellenti ai bambini, che vanno ispezionati con cura al ritorno. Rigorosa ispezione anche per gli adulti, dopo la doccia. “Controllare soprattutto i punti dove si suda di più: le zecche hanno bisogno di liquidi. Si nascondono anche nelle cuciture degli abiti, ma il lavaggio non le uccide; le elimina l’asciugatrice”.
Togliere le zecche
Niente alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi, oggetti arroventati: svenendo, la zecca rigurgita materiale infetto e affonda ancora di più nella pelle. Servono pinzette sottili o le apposite pinzette in vendita nelle farmacie. Bisogna evitare di torcere il parassita e fare attenzione che non resti dentro il rostro – che nel caso va estratto con un ago sterile. Infine si disinfetta, evitando la tintura di iodio, che tinge la cute. “Occorre segnarsi la data e nelle settimane successive controllare regolarmente la puntura, che non compaiano eritemi. Il proprio stato di salute va tenuto d’occhio”, raccomanda Ruscio. La febbre o l’eritema richiedono l’immediato consulto medico. Le zecche sono sicuramente pericolose, ma con l’attenzione e la consapevolezza si può tenere il problema sotto controllo.