Con la riforma voluta dal governo, potrebbe aumentare il numero di processi per i licenziamenti per ragioni economiche. «Una prospettiva esplosiva». A Vicenza situazione pesante nella sezione. Il presidente degli avvocati Mantovani: «Sentenze dopo anni, senza altre soluzioni»
Tanti fascicoli, pochi giudici Vicenza. «Se, come dicono gli analisti, la riforma del lavoro voluta dal governo Monti porterà ad un aumento del contenzioso in materia, per Vicenza si preannuncia il tracollo». Il presidente dell’ordine degli Avvocati Fabio Mantovani, giuslavorista, è pessimista. Ma i numeri gli danno indubbiamente ragione. In tribunale a Vicenza operano, da alcuni mesi, due magistrati nella sezione lavoro: i giudici Daniela Migliorati, coordinatrice, e il giovane riminese Manuel Bianchi, che ha scelto il capoluogo berico come prima destinazione dopo aver vinto il concorso. I due giudici hanno un carico complessivo di 2.600 cause, di gran lunga superiore alla media dei tribunali italiani. A Milano ciascun magistrato ha meno di mille fascicoli, come pure a Roma e a Torino. A Venezia i cinque giudici gestiscono circa 600 cause cadauno, meno della metà dei colleghi vicentini. È la solita questione che affanna il palazzo della giustizia a S. Corona, quello della carenza di personale dovuta ad una pianta organica vecchia di quasi 25 anni: basti dire che Vicenza (600 mila residenti nel comprensorio, 46 mila imprese), ha 27 magistrati; Salerno (600 mila abitanti, 30 mila imprese) ne ha 57. «Queste condizioni comportano carichi di lavoro non sostenibili – commenta il giudice Bianchi -; le modifiche normative sono orpelli che non cambiano la sostanza delle cose. Senza dire che tutto questo ricade sulle necessità di giustizia dei cittadini: la durata dei processi dipende dal numero di cause di un giudice». Con la riforma del mercato del lavoro, potrebbero aumentare le cause, soprattutto in caso di norme non chiare. E, a livello nazionale, i giudici del lavoro temono un ingorgo. Di certo, un aggravio: «E l’aumento del contenzioso non agevola nè i lavoratori nè i loro titolari», ha commentato pubblicamente Anna Maria Franchini, presidente della sezione lavoro del tribunale di Roma. Fino ad oggi, l’articolo 18 non ha inciso molto nel monte-cause a Vicenza. La percentuale dei processi è compresa fra il 10 e il 20, e sarebbe più bassa se i titolari delle aziende con meno di 15 dipendenti si presentassero in aula. In assenza della parte, infatti, vale la norma attuale sul reintegro. «Vicenza è un foro particolare – precisa Mantovani -, le cause sono tutte complesse, non esistono fascicoli seriali. Con l’addio, nel 2011, di due giudici di lunga esperienza, la situazione si è fatta ancora più pesante. E le riforme settoriali, che hanno previsto canali privilegiati per alcune materie, non aiutano. C’è il rischio che un imprenditore subisca il reintegro di un lavoratore dopo 5 anni. Che fa? Chiude. La soluzione è il terzo giudice: il sottosegretario Casellati l’aveva promesso. E invece…».
Il Giornale di Vicenza – 12 aprile 2012