Pfas è l’acronimo tristemente famoso per la diffusa contaminazione ambientale che da almeno 40 anni avvelena le falde del Veneto. Indica le sostanze perfluoroalchiliche, una classe di composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. Qualche giorno fa i Nas, su ordine del ministero della Sanità, hanno sequestrato le carte sulla procedura di plasmaferesi applicata a un centinaio di volontari per “ripulire” il sangue dagli alti livelli di Pfas.
« I politici giocano sulla pelle dei nostri figli. Se anche loro saranno colpiti da un tumore, risponderà il presidente Luca Zaia, o la ministra Beatrice Lorenzin? » . Michela Piccoli parla a nome di tutte le “mamme no- Pfas”, ripiombate nell’incubo dell’avvelenamento di massa causato dalle sostanze disperse per decenni in terreni e falde dalla “ Miteni” di Trissino, tra le province di Vicenza, Verona e Padova.
A indignare e terrorizzare 85 mila persone è il nuovo scontro Governo- Regione sulla sanità, mentre infuria il braccio di ferro su vaccini e declassamento dell’assistenza veneta. Sull’intossicazione da sostanze perfluoroalchiliche, rilevata in 21 Comuni, il salto di qualità dal livello politico a quello giudiziario questa volta però è da shock. Il ministero della Salute ha mobilitato i carabinieri del Nas negli uffici della Regione Veneto, degli ospedali di Padova e Vicenza. Sequestrati i documenti sulla plasmaferesi, la controversa terapia avviata tre mesi fa dall’assessorato su 111 volontari, portatori di oltre 200 nanogrammi di Pfas per litro di sangue. Due le accuse di Roma a Venezia: non aver « mai coinvolto il governo » e aver autorizzato « trattamenti che non hanno solide basi scientifiche » . Dura la replica della Regione Veneto, costretta a sospendere la plasmaferesi. «Tra gennaio, giugno e settembre abbiamo informato ufficialmente Roma tre volte — attacca il presidente Zaia — ottenendo anche il via libera del Comitato regionale di bioetica. Il nostro direttore generale della sanità, Domenico Mantoan, è stato il primo a sottoporsi alla pulizia del sangue, pratica internazionale che in Italia viene effettuata ogni anno da 400mila pazienti, di cui 56 mila veneti. È evidente che si vuole alzare il tono delle provocazioni politiche, mentre ci confrontiamo con lo Stato sull’autonomia del Veneto. Per avere online i documenti sequestrati dal Nas, bastava farci una telefonata».
Troppo tardi: la guerra tra istituzioni sulla Pfas ormai coinvolge tecnici e medici, istituti scientifici ed enti che coordinano le donazioni di sangue a livello nazionale. Le prime vittime però, ancora una volta, sono i contaminati della “ zona rossa” attorno a Trissino, in particolare coloro che stavano facendosi rimuovere parti di plasma infetto, sostituite da nuovi volumi di albumina pura. Per decine, il blitz del Nas e il blocco della terapia coincide con la sospensione dell’unica cura che aveva riacceso la speranza. «A mio figlio — dice Dario, padre di un neo diciottenne di Lonigo — mancavano due sedute. Dopo quattro pulizie i livelli di Pfas nel suo sangue sono scesi da 190 e 120. L’ospedale di Vicenza mi ha solo comunicato che gli ultimi appuntamenti sono sospesi. In che mani siamo? I politici ci avevano promesso che avrebbero rimediato all’irresponsabilità dell’azienda killer: invece dobbiamo prendere atto che anche per Stato e Regione il potere personale prevale sulla vita della gente».
A gettare nel panico la popolazione, più che lo scontro Zaia- Lorenzin, sono le divergenze scientifiche su efficacia ed effetti collaterali della plasmaferesi. Da una parte gli specialisti selezionati da Venezia, dall’altra quelli romani del ministero, il presidente dell’Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi, i vertici del Centro nazionale del sangue, della Società italiana di medicina trasfusionale e del Comitato volontario dei donatori. Per i primi « la sperimentazione della pulizia del sangue è fortemente indicata e si rivela efficace». Per i secondi invece « è una terapia fortemente invasiva e non risultano evidenze scientifiche sulla possibilità di rimuovere i Pfas con tale trattamento » . Peccato che, accusa Zaia, proprio il ministero ha pure stanziato 2 milioni di euro per finanziare le cure che adesso contesta e costringe a bloccare. Muro contro muro. Un solo spiraglio: l’istituzione di una « Commissione tecnica Regione- Stato » per valutare la situazione congiuntamente » , in vista di una possibile ripresa della plasmaferesi a febbraio. «L’ennesima beffa — dice Stefania Polato, portavoce no- Pfas — per salvare la faccia a politici e burocrati. Intanto qui la gente passa Natale senza sapere se, dopo essere stata avvelenata, è stata pure usata quale cavia per cure inutili, o addirittura dannose ».
GIAMPAOLO VISETTI – La REPUBBLICA – 21 dicembre 2017