Nascosto tra le righe del Def, il governo lo aveva già ammesso. E oggi Bankitalia e Corte dei Conti lanciano un vero e proprio allarme. Le previsioni di spesa per le pensioni nel medio termine, fatte sulla base dei parametri europei, sono tutte sbagliate. Le cose vanno molto peggio del previsto, ma nei conti pubblici non se ne tiene ancora conto. E il cammino già stretto della prossima manovra, con Mdp che vuole segnali proprio su pensioni e sanità, e i sindacati che chiedono di rinunciare al nuovo aumento dell’età pensionabile, si complica.
Rispetto a cinque anni fa il quadro non tiene più. Il tasso di fecondità in Italia scende e il flusso migratorio netto sarà dimezzato rispetto alle attese. In Italia, nel 2060, ci saranno 9 milioni di abitanti in meno del previsto. Con un indice di dipendenza degli anziani in crescita di 8 punti. Un dato che fa sballare tutti i conti.
La crescita a medio termine, secondo il governo, risulta dimezzata, dall’1,4% allo 0,7% annuo, la disoccupazione strutturale sale dal 7,3 al 7,9%, la crescita della produttività sarebbe pari a zero nel prossimo decennio. La spesa legata all’invecchiamento della popolazione, compresa quella sanitaria, registra un peggioramento progressivo, fino a 2,7 punti di Pil (45 miliardi a valori attuali) nel 2045. Mettendo a rischio il bilancio.
Per Bankitalia è fondamentale «garantire la piena attuazione delle riforme approvate in passato senza tornare indietro». I margini per aprire alle richieste dei sindacati e della sinistra sono dunque esigui. Anche perché le risorse disponibili nel bilancio del prossimo anno, mangiate dalla sterilizzazione dell’Iva, sono ridotte al lumicino.
La manovra sarà di circa 20 miliardi: 11 verranno da un aumento del deficit, 9 da nuove misure di bilancio: 3,5 di tagli di spesa e il resto da nuove entrate. Si profila una nuova sforbiciata sui ministeri da un miliardo l’anno, l’obbligo di fatturazione elettronica tra i privati, forse una rottamazione bis per le cartelle Equitalia, un assestamento della web tax.
I 20 miliardi serviranno in gran parte per compensare i mancati aumenti Iva (15,7 miliardi nel ‘18). Il resto servirà per finanziare i contratti dei pubblici, il bonus per le assunzioni dei giovani, i fondi per la lotta alla povertà, gli investimenti pubblici, i bonus edilizi. Lo spazio di bilancio si esaurisce qui. E la programmazione economica a medio termine resta incerta, sotto le spade di Damocle delle pensioni e dell’Iva. Per il 2018 il rincaro delle imposte è scongiurato, per il 2019 ridimensionato, ma per il 2020 il problema dell’aumento delle aliquote Iva si ripresenterà esattamente come è oggi.
Mario Sensini – Il Corriere della Sera – 4 ottobre 2017