E’ esplosa nei Balcani la peste suina. Epicentro dell’epidemia è la Croazia che ha recentemente segnalato 97 focolai in suini domestici e tre casi nei cinghiali, di cui un caso a 50 chilometri dal confine sloveno. Ma molti casi sono già stati riscontrati anche in Serbia, mentre la Slovenia sta cercando di correre ai ripari.
La Croazia
La peste suina africana in Croazia dallo scorso 23 giugno è stata confermata in 97 allevamenti in 11 comuni, la malattia è più diffusa in tre comuni nella contea di Vukovar-Srijem, ha affermato il National Crisis Staff for the Control and Suppression of the Disease e ha annunciato un risarcimento ai produttori nelle zone soggette a restrizioni. Il ministero dell’Agricoltura croato ha confermato che sono stati forniti fondi per sovvenzioni per animali sottoposti a eutanasia, indennizzi per i produttori a causa degli spostamenti difficoltosi e indennizzi per le autorità di caccia che parteciperanno all’attuazione del programma di controllo della peste suina africana nei cinghiali.
La maggior parte degli allevamenti colpiti sono allevamenti medi o piccoli con bassa biosicurezza, ma sono stati colpiti anche grandi allevamenti con una buona biosicurezza a priori.
«Per essere ancora più efficaci in conformità con la situazione epidemiologica sul terreno, stiamo costantemente integrando l’ordinanza sulle misure di controllo per il contrasto alla peste suina africana, nonché la determinazione delle zone di restrizione e delle aree infette a causa allo scoppio della malattia», ha detto il ministro. Saranno applicate fino al 26 settembre 2023 le misure di emergenza provvisorie stabilite dalla Decisione di esecuzione (UE) 2023/1422 della Commissione del 3 luglio.
La Slovenia
Le autorità slovene hanno dichiarato l’area lungo il confine sud-orientale del paese – lungo la frontiera con la Croazia – zona ad alto rischio per la peste suina africana (Psa). Lo ha reso noto l’agenzia di stampa slovena Sta. Le misure ordinate includono la ricerca attiva di cinghiali morti, nonché un aumento del campionamento e degli esami sia nei suini domestici sia nei cinghiali. All’area ad alto rischio, che comprende otto circoli di caccia e una parte dei terreni di caccia speciali, verrà applicata una supervisione più rigorosa sul fronte della biosicurezza e altre misure considerate necessarie. Un caso di cinghiale con peste suina africana è stato confermato nella contea croata di Karlovac, che dista solo circa 50 chilometri dal confine sloveno.
In Italia
La Peste suina africana) sta correndo indisturbata in lungo e in largo, come detto, anche lungo la nostra Penisola, da Sud a Nord. Sono 1.001 al 14 luglio 2023, in base al Bollettino epidemiologico del ministero della Salute, i casi accertati di Psa nei cinghiali e otto le regioni in cui il virus è arrivato: dalla Liguria e dal Piemonte (7 gennaio 2022) si è spostato in Lazio, Campania, in Basilicata e in Calabria e, di recente, in Lombardia (in Sardegna è presente dal 1978). In Germania è arrivata nel 2020 e, ancor prima, in Ungheria e Slovacchia. Il virus si sposta così velocemente che ha cominciato ad accerchiare la zona più vocata della suinicoltura italiana, il cuore della Pianura Padana, e considerando la velocità dei suoi spostamenti la tensione sta salendo assieme alla preoccupazione di tutta la filiera dei suini.
Tanto più che in Lombardia la malattia è stata notificata nel cinghiale il 20 giugno 2023, nel comune di Bagnaria, in provincia di Pavia (20 giugno 2023). Successivamente è stato accertato anche un secondo caso, sempre nella stessa provincia.
E, tra la Lombardia e il Friuli Venezia Giulia c’è di mezzo solo il Veneto… Ma i veicoli, le merci e le persone si spostano…
«I tempi dell’infezione e della natura, a quanto pare, non sono quelli della politica – dice un preoccupato David Pontello, responsabile della Sezione zootecnica di Confagricoltura Fvg – A Nuoro, Reggio Calabria e Roma, dopo parecchie centinaia di cinghiali, la Psa ha già contagiato anche alcuni suini. Sono state messe in campo una serie di misure di contrasto che, evidentemente, non stanno funzionando in maniera efficace per bloccare il galoppo del virus. Con tutta l’ansia del caso – conclude Pontello – chiediamo agli Amministratori pubblici di alzare il livello di guardia a tutela di un comparto, la suinicoltura, che partecipa per l’8,5 per cento al Pil agricolo regionale e vale circa 70 milioni di euro».
Nella sola filiera del prosciutto di San Daniele Dop sono coinvolti 150 allevamenti del Friuli Venezia Giulia. Il valore alla produzione della Dop supera i 300 milioni di euro.