Perché secondo lei l’Ecoscore non è un buon indicatore della sostenibilità ambientale?
Gli obbiettivi di sostenibilità che si è data l’Unione europea sono condivisibili, ma ancora una volta dobbiamo vigilare su come queste patenti green vengono assegnate. L’algoritmo dell’Ecoscore, che è stato sviluppato dal ministero dell’Ambiente francese in collaborazione con alcune Ong, mette insieme fattori come gli imballaggi e l’aver sottoscritto o no un patto per l’ambiente, ma dimentica che la sostenibilità non è solo un fatto ambientale, bensì anche economico e sociale. A livello europeo, si tratta ancora di un progetto embrionale, ma in Italia abbiamo già creato un comitato ad hoc che ha studiato la proposta e ne ha già individuato i limiti scientifici.
Quali sono le altre sfide di cui dovrà occuparsi in Europa?
La prima resta il Nutriscore: la Commissione europea avrebbe dovuto presentare la sua proposta di etichettatura nutrizionale entro il 2022 ma non l’ha fatto, forse rendendosi conto che sul tema c’era una forte spaccatura tra i Paesi membri. Confido che questa stessa prudenza non porterà a nessuna proposta anche per quest’anno, ma occorre ancora vigilare. C’è poi il tema degli health warning sulle bottiglie di vino, che se venissero approvati dall’Europa costituirebbero un precedente pericoloso, poiché per la prima volta verrebbe comunicato in etichetta un legame diretto tra un nutriente, in questo caso l’etanolo, e una malattia. Infine, c’è la questione degli imballaggi: l’Italia ha raggiunto risultati eccellenti nel riciclo, l’idea della Ue di spostare l’ago della bilancia verso il riuso ci riporterebbe indietro di sessant’anni e obbligherebbe le industrie a smantellare tutti gli investimenti fatti finora.
Perchè considera lo scacchiere internazionale la priorità numero uno del suo mandato?
Perchè il vero motore della crescita del settore agroalimentare italiano è l’export. Dal 2000 ad oggi le esportazioni del settore sono cresciute del 294%, contro una media del 136% del sistema Paese Italia. Nel 2022 abbiamo raggiunto il traguardo dei 60 miliardi di euro, ma per crescere ancora abbiamo bisogno di collaborare con le istituzioni per un piano strategico di lungo periodo. Avviando un comitato interministeriale per il made in Italy, il governo ha già dimostrato di andare nella direzione giusta. Quello che vogliamo proporgli ora è di studiare insieme i modelli di successo dei Paesi che sanno esportare meglio di noi, per replicarli nel nostro Paese. Il settore industriale alimentare può e vuole dare un grande contributo alla crescita e allo sviluppo del nostro Paese.
Che previsioni fa per i consumi in Italia, invece? Il carrello della spesa aumenterà ancora?
Le stime 2022 sono di un fatturato a 180 miliardi, in crescita del 14% a valore ma dell’1% a volume, mentre per il 2023 il 95% dei consumatori italiani dichiara che sarà più oculato. Quanto all’aumento dei prezzi, penso che i primi sei mesi dell’anno saranno ancora difficili, con l’inflazione che resterà alta e le imprese che riverseranno ancora una parte degli extra-costi sui prezzi, poi spero si vedrà una flessione. Ma tra le aziende e la grande distribuzione non ci sarà lo scontro: tutti vogliamo tutelare i consumatori, resisteremo altri sei mesi.
Nel 2020, sul contratto nazionale del settore alimentare, le associazioni che fanno capo a Federalimentare sono andate in ordine sparso. Cosa succederà con il rinnovo, a novembre?
Sono ancora aperti i termini del chiarimento tecnico giuridico in corso tra le associazioni. Federalimentare si occupa dei temi per i quali ha la delega dalle associazioni stesse, e quando non c’è accordo tra di loro, la federazione ha sempre fatto un passo indietro. Decideranno le associazioni anche questa volta.
Lei viene da una multinazionale italiana del settore: da oggi sarà una Federalimentare più sbilanciata verso le grandi imprese?
Gli scenari internazionali sono la priorità del sistema alimentare italiano e sono proprio le Pmi ad avere più bisogno di sostegno per internazionalizzarsi. Sarà una Federalimentare di tutti.
Come imposterà i rapporti a monte della filiera agroalimentare, cioè con i rappresentanti degli agricoltori?
Non ha senso litigare all’interno della filiera, la vera crescita viene da fuori e tutti abbiamo da guadagnare dal lavorare insieme, agricoltori e industriali. Nel mio mandato promuoverò una cordiale collaborazione, la parola d’ordine è sinergia.