«Federalimentare sta valutando con alcuni studi legali svizzeri e altre federazioni di industriali europei di citare per danni l’Oms per la grave negligenza dimostrata nella comunicazione non corrispondente agli elementi certi a disposizione»: il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia, ieri in partenza per Londra, sceglie con cura le parole per manifestare il proprio disappunto nei confronti dei burocrati dell’Organizzazione mondiale della sanità che si muoverebbero autonomamente, a volte ignorando le risoluzioni approvate dallo stesso executive board.
Come nella risoluzione approvata dall’Oms il 31 gennaio scorso con cui si chiede al dg di dare un sostegno tecnico agli stati membri producendo evidenze scientifiche molto robuste.
L’eventuale azione giudiziaria si riferisce ai fatti del 26 ottobre (ma anche ad altri alimenti): lo Iarc, l’agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms, ha reso pubblico il nesso tra consumo di insaccati e cancro nell’uomo e quella di carne rossa come “probabilmente cancerogena”. Recentemente «abbiamo assistito a un indiscriminato accanimento da parte dell’Oms – osserva Scordamaglia – sul corretto approccio dei consumatori a specifiche categorie di alimenti. E il livello di accuratezza nella ricerca di basi solide dovrebbe essere ancor più minuzioso quando le esternazioni dell’Oms prendono la forma della raccomandazione». Ma così non sembra: uno studio del Journal of clinical epidemiology rivela come l’Oms emetta con molta frequenza raccomandazioni con “bassa o molto bassa evidenza scientifica”. Secondo lo studio, nel periodo 2007-12, l’Oms ha pubblicato 289 raccomandazioni definite forti, quindi molto affidabili. Di tali 289 strong recommendations, 95 erano basate su un livello di evidenza scientifica classificato come “basso” e 65 addirittura come “molto basso”. Sommate rappresentano più della metà. Peraltro qualche giorno fa, la stessa Oms in un’audizione della commissione Sanità Ue sulla carne rossa ha corretto il tiro. Il presidente della commissione Giovanni La Via ha riferito che «l’Oms ha ammesso l’errore di comunicazione. L’aumento del rischio del 18% per il consumo di carne rossa dipende dallo stile di vita e dal contesto. Nei prossimi mesi ci sarà un nuovo panel con raccomandazioni relative al consumo massimo».
Scordamaglia conclude: «Gli attacchi allarmistici sullo zucchero, sulla carne e quelli annunciati sul caffè ci lasciano perplessi dal momento che l’estrema carenza di basi scientifiche solide deriva dallo stesso sistema di valutazione scientifica utilizzato dall’Oms e denominato Grade, tuttora ufficialmente in vigore».
Come se non bastasse ieri a Bruxelles l’Efsa, l’autorità Ue sulla sicurezza alimentare, ha ritenuto improbabile che l’erbicida Glifosato «ponga un rischio di cancerogenicità per l’uomo», come invece sostenuto dall’Oms.
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 13 novembre 2015