Nelle stesse ore in cui si accende il dibattito sui vaccini per i bambini, sale di tono l’emergenza relativa agli animali. Sta dilagando l’epidemia di Blue Tongue, il virus della «lingua blu», segnalato per la prima volta il 30 agosto in un gregge di ovini ad Alano di Piave, nel Bellunese. Da allora i focolai del ceppo BTV4, isolato in Veneto, sono diventati 159 e coinvolgono, oltre a Belluno (49), le province di Treviso (85), Vicenza (24) e Padova, dove l’infezione è stata riscontrata in una stalla di pecore.
L’infezione ha colpito 68 ovini, 87 bovini, tre capre e un muflone in 47 Comuni. Un quadro così grave da spingere il ministero della Salute a emanare un provvedimento urgente per arginare l’ulteriore dilagare della malattia, che sottopone a misure restrittive tutto il Veneto, in particolare Padova, colpita appunto da un solo caso, e Verona, Rovigo e Venezia, al momento indenni. E da mantenere tali attraverso, dice il ministero, «un programma vaccinale da attuare in modo uniforme in tutte le zone soggette a restrizione, per proteggere dalla forma clinica il patrimonio sensibile delle aree interessate dalla circolazione della Blue Tongue, sierotipo BTV4».
«Le vaccinazioni devono riguardare non solo gli ovini e i caprini, per i quali il virus è letale — indica il provvedimento di Roma — ma anche i vitelli soggetti a movimentazione da un’area all’altra». Il dilagare del virus ha spinto inoltre l’Unità organizzativa regionale veterinaria a diffondere una nota che estende il controllo dei campioni di latte agli allevamenti: «Tutte le aziende di vacche da latte dovranno essere controllate con un prelievo di tre campioni di latte a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro». Inevitabile la preoccupazione tra gli allevatori. «L’emergenza Blue Tongue sta diventando sempre più pesante — dice Fabio Curto, presidente del settore lattiero-caseario di Confagricoltura Veneto — con gravi danni per le aziende. Ora che l’intera regione è zona di restrizione, è necessario più che mai definire una strategia unitaria nel gestire la situazione. Ad oggi invece regna la più totale incertezza. Con la Regione era stato stabilito un percorso condiviso di vaccinazioni, ma a quasi due mesi dalla scoperta del primo focolaio nel Bellunese non ci sono disposizioni certe, non c’è coordinamento tra le Usl e gli allevatori si stanno pagando di tasca loro i sieri per immunizzare gli animali. All’annuncio della Regione di coprire i costi dei vaccini dei bovini, oltre che degli ovini, non è seguita la delibera per lo stanziamento dei fondi — insiste Curto —. Perciò abbiamo chiesto, con le altre associazioni di categoria, un incontro agli assessori Luca Coletto (Sanità) e Giuseppe Pan (Agricoltura), per capire quali siano le strategie per sconfiggere il virus».
La Regione a settembre ha vaccinato 60mila ovini e caprini fra i territori di Belluno e Treviso, con un investimento di circa 100mila euro. Ora i tecnici del settore veterinario stanno predisponendo un nuovo piano, e relativo preventivo, per le restanti cinque province da sottoporre a Coletto e Pan entro la fine del mese. Il programma vaccinale approvato dal ministero della Salute prevede a carico della Regione la prevenzione per ovini e caprini e a carico degli allevatori quella per i bovini «itineranti». «Il virus è trasmesso, solo agli animali e non agli uomini, da insetti più piccoli delle zanzare — spiega il dottor Aldo Costa, responsabile degli ambulatori veterinari dell’Usl 16 di Padova e consulente della Regione —. I capi che contraggono l’infezione non vengono abbattuti, se non per evitare loro inutili sofferenze». Secondo gli esperti, infatti, l’eventuale assunzione di carne o latte di animali infetti non comporterebbe conseguenze per l’uomo.
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 18 ottobre 2016