Il pm di Torino: «La legislazione è potenzialmente efficace, anche se la si può migliorare».
Lei ha proposto una Procura nazionale ad hoc. Perché?
Questa proposta nasce da alcune considerazioni che ho valutato studiando da una parte la giurisprudenza della Cassazione, dall’altra facendo il giro per l’Italia e avendo modo di incontrare ispettori sul campo. Inoltre dalle esperienze di indagine nella materia alimentare ho potuto sperimentare che spesso in alcune zone i procedimenti penali non si fanno. In altre aree invece i procedimenti si fanno, ma sono troppo lunghi e nelle sentenze conclusive la Cassazione è costretta a prendere atto della prescrizione dei reati. Questi ultimi due fenomeni portano alla diffusione tra gli operatori di un senso di impunità. In Italia la legislazione è potenzialmente efficace, anche se la si può migliorare. Il problema è che se l’applicazione delle norme lascia a desiderare la conclusione riporta a un ben noto fenomeno del nostro Paese, dove si è spesso di fronte a una bella legge di facciata ma poi sostanzialmente disapplicata. In tale contesto giocano due fattori. Il primo riguarda la scarsità e la poca incisività da parte della Pubblica Amministrazione e degli organi di vigilanza. Gli istituti preposti al controllo sono molteplici ma non sempre incisivi. L’Autorità Giudiziaria dovrebbe farsi un esame di coscienza e porsi il problema di come uscire da questo vicolo cieco.
Inoltre, nel settore della sicurezza alimentare, ci sono spesso casi in cui un prodotto può produrre i suoi effetti negativi non solo in una zona del Paese ma in più aree d’Italia. Così intervengono più organi di vigilanza che a loro volta trasmettono la notizia di reato alla Procura della Repubblica competente per territorio. La conseguenza di questo iter è che ogni Procura esamina il fenomeno non nella sua globalità senza avere la possibilità di ricomporre le tessere di un mosaico coerente. Per questo è necessaria una riorganizzazione del sistema.
Parlando proprio di riorganizzazione generale del sistema, di recente è stata definitivamente bocciata la creazione di una Agenzia italiana per la sicurezza alimentare. Secondo molte associazione dei consumatori si tratta di un episodio grave. Lei è d’accordo?
L’esigenza da me sottolineata è soprattutto un’esigenza di coordinamento per quanto riguarda le indagini. Dal punto di vista scientifico posso affermare che l’Italia ha degli ottimi riferimenti quali il Ministero della Salute o l’Istituto Superiore di Sanità. Sarebbe però utile qualsiasi strumento che possa raccogliere informazioni può essere sicuramente prezioso. Ciò che è importante è che tale strumento non rimanga solo sulla carta ma agisca concretamente. Attualmente abbiamo bisogno di una Pubblica Amministrazione incisiva e non condizionata dagli interessi in gioco.
Lei ha affermato che i controlli sono pochi e non mirati, quali le principali carenze del nostro sistema?
Per fare un esempio, la nostra Procura ha lavorato molto sugli stabilimenti caseari. La conclusione di questa prima fase di accertamenti è stata una serie di segnalazioni al ministro della Salute Fazio, anche riguardo il sistema di controllo. Infatti abbiamo verificato che gli stabilimenti più importanti erano sottoposti alla vigilanza del servizio veterinario ufficiale, ma era sempre la stessa persona ad effettuare le ispezioni. Non c’era una rotazione, carenza che a mio parere può incidere negativamente sulla validità dell’azione ispettiva. Ho constatato anche mancanze in merito alle analisi dei campioni, non sempre complete. Ad esempio, spesso si cerca un batterio ma non un altro magari più significativo. Oppure, quando questo accade non si determina la presenza di tossine rilevanti per capire se quel batterio può essere pericoloso per la salute pubblica.
Cosa si potrebbe fare per migliorare?
Il nostro sistema ha bisogno di una serie di linee guida sia per chi fa l’ispettore sia per chi effettua le analisi. Inoltre, penso ad una organizzazione giudiziaria sul modello francese per le questioni che riguardano la salute, l’ambiente, alla sicurezza sul lavoro. Quello che immagino è un pool nazionale quale soluzione da adottare coraggiosamente. Spesso il problema nasce su prodotti fabbricati all’estero, in Europa o fuori dal nostro continente. La sicurezza alimentare è un tema che bisogna affrontare a livello globale. Allo stato attuale non si possono fare accertamenti veloci sui prodotti importati, se non seguire la strada lunghissima della rogatoria. Andando oltre la proposta di una procura nazionale ci sarebbe bisogno anche di un maggiore coordinamento a livello internazionale. D’altra parte il crimine viaggia alla velocità della luce noi viaggiamo con la diligenza.
fonte: helpconsumatori.it
4 novembre 2010