Tutto si giocherà nella seduta del Coreper di domani e, soprattutto, al Consiglio dell’Agricoltura del 15 di dicembre, da cui dovrebbero uscire gli indirizzi di cui la Commissione dovrà tenere conto nel corso del 2021. «Francia e Germania hanno dichiarato una vera e propria guerra al Made in Italy che niente ha a che fare con la salute dei consumatori, perché si tratta di una guerra commerciale – denuncia senza mezzi termini Vacondio – l’Italia all’estero vende tanti prodotti ad alto valore aggiunto, sui quali cioè i produttori riescono a staccare un ampio margine di guadagno. Chi nel mondo compra made in Italy alimentare lo fa perché vuole un prodotto premium, proprio come succede per la moda. I nostri consumatori stranieri non badano al prezzo, ma è chiaro che un bollino rosso può finire con il dissuaderli dall’acquisto, perché la salute è un tema di cui si tiene conto trasversalmente, in maniera indipendente dal portafoglio. Ecco perché il Nutriscore a semaforo non può passare: perché mette a rischio il nostro export. E lo fa in un momento, poi, in cui la domanda interna non aumenta e le uniche possibilità di crescita per il comparto alimentare arrivano dai mercati internazionali».
Quanto a rischio, mette le nostre esportazioni? «Io credo che, sui prodotti di eccellenza, le etichette a semaforo possano arrivare a costarci anche il 50% dell’export».
Le intenzioni della Germania di fare presto e forzare la mano erano già apparse chiare ai primi di novembre, quando a Berlino è stato presentato il decreto con cui il governo tedesco ha ufficialmente adottato il sistema di etichettatura Nutriscore, di invenzione francese, a livello nazionale. «Questa accelerazione di dicembre – racconta Vacondio – è voluta soprattutto dalla grande distribuzione, sia quella tedesca sia quella francese, che hanno tutto l’interesse a vendere i prodotti con l’etichetta a semaforo perché loro stessi ne producono molti a marchio proprio. Sia in Francia sia in Germania, la Gdo sente la pressione del mondo agricolo, che anche in quei Paesi è contrario al Nutriscore, così chiedono di stringere. E le grandi multinazionali stanno dalla loro parte».
L’Italia, dal canto suo, qualche alleato in Europa ce l’ha. La nostra proposta del sistema di etichettatura Nutrinform, quella a batteria, ha già raccolto l’adesione di altri sei Paesi: Romania, Ungheria, Repubblica ceca, Lettonia, Grecia e Cipro. E presto, grazie al lavoro della nostra diplomazia, a questi se ne potrebbero aggiungere altri due, cioè la Slovacchia e la Polonia. Con nove voti, l’Italia potrebbe anche sperare di contare sul diritto di veto e bloccare l’avanzata del fronte franco-tedesco. «Anche la Spagna all’inizio si era detta ferocemente contraria al Nutriscore – ricorda il presidente di Federalimentare – poi all’ultimo momento ha cambiato parere». Madrid infatti adotterà lo standard del Nutriscore nel 2021, dopo che già la Francia, la Germania e i Paesi del Benelux lo hanno fatto.
Il governo italiano finora è stato compatto nel sostenere a Bruxelles le istanze delle aziende alimentari italiane, così come compatte sono state le altre associazioni della galassia agroalimentare. «Ora però è essenziale che i nostri rappresentanti di governo non accettino nessun compromesso al ribasso – chiede Vacondio – per esempio, quello di dire di sì al Nutriscore in cambio dell’offerta di escludere le Dop e le Igp dall’etichetta a semaforo. Sarebbe l’errore più grosso che possiamo fare: Dop e Igp rappresentano solo il 20% del nostro export. Così facendo, finiremmo per lasciare senza tutela l’80% dei nostri prodotti».