CAUTELA Il risveglio dell’attività nell’ultimo trimestre potrebbe essere stato spinto da un processo di ricostituzione delle scorte. L’alimentare soffre meno degli altri comparti del manifatturiero. L’anno scorso l’export (+7%), con il vino in testa, ha trainato il food tricolore e anche per il 2014 il trend positivo dovrebbero consentire alle nostre aziende di accelerare, all’8-10%, e compensare la stagnazione del mercato domestico.
Il 2013 è stato un anno a due velocità per l’industria alimentare italiana, che ha fatturato 132 miliardi, di cui oltre 26 miliardi di export. I primi nove mesi dell’anno sono stati i peggiori dal 2007 quanto a produzione, fatturato e consumi, ma la “ripresina” dell’ultimo trimestre, la tenuta di export e dei livelli occupazionali hanno permesso di chiudere un consuntivo accettabile.
«La ripresina di fine 2013 è tutta da interpretare – ha osservato ieri Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare, in occasione della presentazione del bilancio 2013 dell’industria alimentare -. Non vorrei che fosse stata spinta da un processo di ricostituzione delle scorte. Stimiamo che il 2014 potrebbe risultare in linea con l’anno prima». Ci saranno crisi importanti anche quest’anno? «Non credo – ha risposto Ferrua – Le grandi multinazionali hanno razionalizzato i loro processi produttivi l’anno scorso, quindi escludo che si possano ripetere».
Nel 2013 le vendite di alimentari sono scivolate del 4% a valore (costante) e del 2,1% a volume. Sono le contrazioni più marcate degli ultimi anni, che 7 Il cosiddetto sistema a “semaforo” che Londra ha raccomandato di porre sull’imballaggio dei cibi (utilizzando un codice verde o giallo o rosso) consente di classificare gli alimenti, come più o meno salutari, in base ai contenuti di grassi, sale e zucchero ogni 100 grammi di prodotto. fissano il calo dei consumi in 13 punti dall’inizio crisi. Non a caso i discount sono stati l’unico segmento della grande distribuzione a crescere negli ultimi anni: la perdita di 2,5 punti di valore aggiunto certifica che ormai la borsa della spesa degli italiani è più leggera «ma anche di minore qualità».
Meglio il fronte produttivo: il -1% del 2013 segue il -0,9% del 2012 e segna una perdita complessiva del -3,6% rispetto al 2007, ultimo anno pre-crisi. Ma fino a settembre il calo tendenziale era più marcato (-2%) e il recupero di un punto percentuale nell’ultimo trimestre lascia ben sperare.
Sui mercati internazionali l’export è migliorato del 7% a 26,4 miliardi. A sorpresa, gli sprinter sono stati il Nord Africa e i Paesi arabi, con in testa gli Emirati arabi uniti (+26%) e l’Arabia Saudita (+18%). Bene anche la Turchia (+26%), ma rallenta il Giappone mentre la Cina innesta la retromarcia con un -11%. Aumenti moderati, tra il +3% e il +6%, per Germania, Francia e Regno Unito, gli sbocchi più importanti. Mentre l’export verso gli Usa, terzo mercato per gradimento dei nostro food & drink, ha segnato una crescita del 6%.
«Anche quest’anno – aggiunge Ferrua – credo che il vino guiderà la crescita dell’export, seguito dal dolciario e dal lattiero caseario. Sempre che non insorgano problemi rilevanti sui mercati, come il contenzioso dei “semafori” in Gran Bretagna». Da qualche mese le etichette inglesi riportano, in maniera grossolona, un segnale rosso o giallo a secondo del potere calorico (grassi e dolci) del prodotto alimentare. «Lo ribadisco – ha sostenuto Ferrua – questo meccanismo è inconciliabile con le regole dell’Unione europea. Infatti il 20 e il 21 febbraio a Bruxelles il Consiglio di competitività Ue avrà in agenda, per iniziativa del Mise, ancora una volta la trattazione dei semafori britannici. Si spera di raccogliere altre adesioni alle 17 già manifestate».
Poi il presidente di Federalimentare ha concluso soffermandosi ( senza citare Coldiretti) sui ripetuti attacchi «ideologici sull’origine delle materie prime: negano la storia del nostro made in Italy, fatta di qualità e sicurezza. Il primato di un made in Italy più buono e sano perché a Km zero nega due verità inconfutabili: non sempre la materia prima italiana è prodotta a sufficienza o è di qualità adeguata inoltre il sistema dei controlli conta su un miliardo di analisi di autocontrollo e investimenti per 2 miliardi l’anno».
Il Sole 24 Ore – 6 febbraio 2014