«Tra Molise e Puglia ci specializzeremo nella filiera avicola premium, nelle Murge sul biologico, a Campobasso sull’antibiotic free e gli allevamenti all’aperto. In linea con la strategia orientata all’alta qualità made in Italy e con un piano piano industriale, appena approvato, che da qui a cinque anni ci trasformerà da azienda avicola a food company con un raggio di azione internazionale». Denis Amadori, responsabile supply chain del gruppo fondato dal padre Francesco, chiarisce la cornice dentro la quale si inserisce l’investimento in Molise, con l’impegno appena riconfermato al Mise di rilanciare il complesso “ex Gam” di Bojano (Campobasso) con 45 milioni di euro di interventi sulle strutture produttive e logistiche, un nuovo macello e l’assunzione di 170 lavoratori, che saliranno ad almeno 600 occupati lungo la filiera, tra cui 300 allevamenti.
«A Bojano sono appena iniziati i lavori sull’incubatoio e contiamo di partire entro l’anno con le prime 30 assunzioni. Entro febbraio presenteremo la domanda per il contratto di sviluppo (in vista del finanziamento per l’area di crisi da parte di Mise e Regione, ndr) e nel giro di quattro anni saremo a regime. La filiera molisana arriverà a pesare il 25% della produzione Amadori e diventerà l’hub dei polli allevati all’aperto senza antibiotici, quelli del brand Campese, che vogliamo raddoppiare: oggi Campese vale l’8% dei volumi, vogliamo portarlo al 16%», spiega Denis Amadori.
Assieme ai cantieri molisani è in partenza il progetto di filiera integrata del pollo biologico in Puglia, dalla produzione di materia prima fino agli allevamenti all’aperto, in partnership con imprenditori locali. Mentre nel quartier generale di Cesena (una cittadella di 250mila mq) è pronto per l’inaugurazione un altro intervento da 45 milioni di euro: il polo di taglio e trasformazione del pollo, esempio plastico di allevamento 4.0, 14mila metri quadrati su due piani con una capacità produttiva di 25 tonnellate di carne all’ora. «Parliamo di 40 milioni di investimenti, sui 45 complessivi, solo in tecnologia e automazione – precisa Amadori – così come sono completamente computerizzati gli allevamenti (800, il 30% di proprietà)».
Dietro all’hi-tech ci sono quasi 90 anni di know-how nel pollame che hanno portato Amadori a diventare il secondo player avicolo in Italia e il nono gruppo alimentare del Paese, con un fatturato 2017 che ha superato gli 1,2 miliardi di euro, un margine operativo lordo in crescita del 20% a quota 100 milioni e quasi 7.700 occupati, di cui 267 neoassunti lo scorso anno.
Amadori parte da qui per compiere il prossimo passo, messo nero su bianco a gennaio nel piano industriale quinquennale che prevede altri 250 milioni di investimenti: diventare una food company del made in Italy a 360 gradi , integrandosi e alleandosi con altre realtà (a partire dai salumi), per valorizzare la filiera anche sui mercati esteri, che oggi pesano appena un 10%, anche a causa della ridotta shelf life del fresco. «Le prime e seconde lavorazioni rappresentano oggi un 50% del totale prodotto, con prospettive stabili di business. La crescita è sui prodotti elaborati e sui piatti pronti – conclude Amadori – per i quali ci aspettiamo quest’anno un aumento dei volumi di vendita tra il 5 e il 10%».
Ilaria Vesentini – Il Sole 24 Ore – 15 febbraio 2018