Analisi di Stefano Simonetti. Con l’approvazione nel Consiglio dei Ministri del 21 luglio 2017 il Governo ha completato la decretazione delegata che riguarda la Sanità. Sono stati infatti definitivamente adottati i correttivi al d.lgs. 171/2016 forzati dalla sentenza n. 251/2016 della Corte Costituzionale. Il decreto correttivo è il n. 126 del 26 luglio 2017 ed è entrato in vigore il 19 agosto scorso.
La vicenda di questa specifica delega è piuttosto complessa e forse necessita del riassunto delle puntate precedenti.
Il Governo in esecuzione della specifica delega di cui all’art. 11, comma 1, lettera p), della legge Madia adotta il d.lgs. 171/2016 (in vigore dal 18 settembre 2016) che disciplina l’istituzione dell’elenco nazionale degli idonei alla funzione di direttore generale. Il decreto è stato fortemente criticato dalle Regioni – tanto da indurre il Veneto all’impugnazione di fronte alla Corte costituzionale – e in una certa misura anche dal Consiglio di Stato nel proprio Parere n. 1113 del 5.5.2016. È giunta successivamente la già richiamata pronuncia della Consulta; a tale proposito va ricordato che la questione delle nomine dei Direttori generali ha costituito la vera ragione del ricorso del Veneto contro l’intero impianto della legge Madia.
L’attuale testo è molto diverso dal decreto 171 e, più che un correttivo, si tratta di un vero e proprio ribaltamento sostanziale, al contrario del decreto 116/2016 (quello sul licenziamento degli assenteisti) che con il recente decreto 118/2017 ha visto solo integrazioni meramente formali. Inizialmente il Governo aveva predisposto un testo con un solo correttivo (la rosa degli idonei) che però è stato travolto dall’Intesa raggiunta il 6 aprile 2017 in sede di Conferenza Stato/Regioni. Il Consiglio dei Ministri del 24 marzo ha approvato in via preliminare i correttivi poi passati al vaglio dell’Intesa in Stato/Regioni (6 aprile 2017), del parere della Conferenza Unificata (6 aprile 2017), del parere del Consiglio di Stato (11 aprile 2017) e, infine, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti. E’ interessante altresì segnalare che la delega di cui alla lettera p) è l’unica superstite dell’intero art. 11.
L’addio al punteggio. Occorre dire subito che la novità più rilevante – che costituisce una indiscutibile vittoria della Regione Veneto – è la eliminazione del punteggio. L’iscrizione degli idonei avverrà «secondo l’ordine alfabetico dei candidati senza l’indicazione del punteggio conseguito nella selezione». Questo punto di fondamentale valenza politica era già stato trattato nel parere del Consiglio di Stato ma la soluzione adottata dal Governo su pressione delle Regioni («il punteggio è assegnato ai fini dell’inserimento del candidato nell’elenco nazionale») era francamente inguardabile. La prima domanda che sorge spontanea riguarda, a questo punto, la stessa utilità dell’elenco. Visto che la nomina dei singolo direttore è di competenza assoluta e discrezionale delle Regioni – come era ovvio e come è confermato dalla previsione anche di un colloquio – si potrebbe affermare che l’elenco nazionale servirà soltanto ad evitare che possa essere nominato un soggetto con la laurea triennale o uno che ha svolto attività di consulenza. Tant’è.
Una modifica che invece è decisamente positiva riguarda il rapporto tra titoli formativi/professionali ed esperienze dirigenziali che prima era paritario mentre ora è proporzionato 40/60 a favore delle seconde. In tal modo è stata sanata una evidente sperequazione a discapito dei soggetti di estrazione giuridico-economica che con la precedente formulazione avrebbero addirittura avuto difficoltà a raggiungere il minimo di 75 punti (ora ridotti a 70) per essere inseriti nell’elenco. Per rendere l’idea di tale disparità basti pensare come l’abrogato riferimento ad “abilitazioni professionali” favorisse soltanto i sanitari. Per il resto si tratta di norme a carattere procedurale.
Al decreto 171 erano seguiti due atti regolamentari: il Dm 16 ottobre 2016 relativo alla determinazione dei parametri di valutazione e il Dm firmato il 17 novembre 2016 di nomina della Commissione. Il primo è decaduto in quanto i criteri sono stati dettati direttamente dai nuovi commi 7-bis e 7-ter dell’art. 1. L’altro decreto – che, ad oggi, non risulta ancora pubblicato – ha individuato i 5 superesperti (tre laureati in medicina e due in materie giuridiche) che dovranno vagliare i titoli dei candidati. Francamente desta perplessità l’aver affidato la valutazione di esperienze manageriali a figure che sono sicuramente di alto profilo ma che ordinariamente si occupano di tutt’altro. Infatti un vice avvocato generale dello Stato, il presidente del Consiglio Superiore di Sanità e il direttore generale dell’Agenas possono essere senz’altro affidabili per i titoli formativi e professionali ma non sembrano la scelta ideale per verificare le esperienze dirigenziali che, tra l’altro, hanno ora un peso preponderante nel punteggio. Sicuramente più attinente risulta il profilo dei due soggetti designati dalle Regioni.
Una rivoluzione lenta che desta perplessità. Dunque è oramai in atto quella che il Governo un anno fa ha definito una vera e propria rivoluzione, cioè l’uscita della politica dalle nomine nelle Asl. Ovviamente l’affermazione è alquanto ridondante, non tanto per la retorica insita in tutti i pronunciamenti della politica ma perché tecnicamente tale rivoluzione tarderà parecchio ad essere realizzata ed è stata fortemente attenuata dal decreto correttivo.
Restano le perplessità rispetto ad alcuni importanti aspetti. Il più rilevante riguarda la questione dell’età massima per inoltrare domanda di iscrizione nell’elenco. Vengono confermati i 65 anni ma non è stato considerato il vincolo di cui all’art. 6, comma 1 della legge 114/2014. Con un esempio si capirà meglio. Poniamo che un soggetto in possesso di tutti i requisiti e di 63 anni di età sia già in godimento della pensione anticipata. Ebbene secondo il decreto 171 può fare domanda ma rimarrebbe violato il ricordato art. 6 che vieta di conferire incarichi dirigenziali a un soggetto in quiescenza. La interpretazione fornita dalla Funzione pubblica con la circolare n.6/2014, a mio personale giudizio, non è da condividere in quanto il significato della locuzione “collocati in quiescenza” è quello di “percepire una pensione” e non di aver raggiunto il limite massimo di età ordinamentale. In ogni caso molte Regioni in questi giorni stanno nominando soggetti ultrasessantacinquenni, visto che per ora l’elenco nazionale non opera. E a proposito della questione dell’età non si può non segnalare che in alcune realtà esistono elenchi regionali di idonei con candidati – anche settantenni – che dichiarano formalmente “in caso di nomina la disponibilità allo svolgimento dell’incarico a titolo gratuito”.
Tre punti di forza. Alla lettura del testo definitivo con i correttivi si ritiene che i veri punti di forza del decreto siano sostanzialmente tre: il possesso dell’attestato manageriale deve precedere la domanda mentre prima doveva essere acquisito entro diciotto mesi dalla nomina (!!!) e che il direttore generale decaduto può essere reinserito nell’elenco solo previa nuova selezione, eccetto il caso di violazione degli obblighi di trasparenza che comporta una decadenza permanente. Il terzo – che garantirà maggiore trasparenza e serietà – sancisce che l’elenco nazionale e gli elenchi regionali vengono aggiornati ogni due anni, impedendo così una pratica molto diffusa in passato. Infatti spesso le Regioni bandivano – anche a distanza di pochi mesi – avvisi per la formazione di “elenchi integrativi”, nella evidente necessità di regolarizzare qualcuno che non era presente nell’elenco precedente, vanificando in pratica la finalità stessa dell’elenco.
Il Sole 24 Ore sanità – 14 settembre 2017