Percorso studi più corto: la specializzazione durerà un anno in meno. Il tirocinio di tre mesi postlaurea sarà incorporato nella stessa. Resta il numero chiuso
Specializzati entro i 30 anni e in corsia tre anni prima facendo pratica negli ospedali con regolari contratti. Diventa più veloce l’iter per diventare camice bianco. Il percorso di laurea in Medicina e chirurgia si avvia a un cambiamento: la scuola di specializzazione durerà un anno in meno. Diventa più breve la conquista della corsia ospedaliera per gli aspiranti dottori: potranno entrare nel mondo del lavoro con due anni di anticipo rispetto al previsto con un contratto a tempo determinato. Inoltre il dottorato potrà essere svolto nell’ultimo anno di specializzazione.
Al lavoro prima. Sono queste le linee guida che il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, e dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, hanno Presentato per rendere più snello il percorso di studi. Restano invece i sei anni da affrontare per arrivare alla laurea. “Abbiamo consultato i sindacati dei medici e le Regioni. Per la misura relativa all’abbreviazione dei tempi per la specializzazione è necessario un passaggio nella conferenza Stato-Regioni, ma il tutto dovrebbe risolversi in pochi mesì”, ha spiegato il ministro della Salute, presentando la riforma.
Quanto all’utilizzazione degli specializzandi da parte delle Regioni con regolari contratti, dovrà esserci anche in questo caso una concertazione Stato-Regioni. “Penso che a questo proposito verrà inserito un emendamento della maggioranza nel ddl sulla sperimentazione clinica” che dovrebbe essere approvato a stretto giro, ha aggiunto Fazio.
Sull’inserimento dell’esame di Stato nell’ambito dell’esame di laurea, il ministro ha aggiunto che “ci vorrà una norma e dunque non possiamo prevedere i tempi”.
Il tirocinio. Fra i punti della riforma anche il tirocinio valutativo nei 6 anni di laurea. L’intenzione è di confermare la durata di 6 anni del percorso di laurea, mentre il tirocinio valutativo di 3 mesi, che oggi si svolge dopo la laurea, verrà incorporato nella stessa. L’esame di laurea, quindi, inglobando anche l’esame di stato, permetterebbe di conseguire una laurea abilitante.
“Questa scelta, però – ha precisato Gelmini – dovrà avvenire previo confronto in sede europea, dove è già in atto il dibattito, in modo da garantire l’uniformità delle scelte del nostro ordinamento con quelle dell’Europa”. Dopo il via libera ci sarà un consistente risparmio di tempo: oggi, infatti, lo studente che si laurea a febbraio del sesto anno, quindi in corso, non può concorrere alle prove di ammissione per le scuole di specializzazione che si svolgono a marzo poiché deve ancora svolgere il periodo di tirocinio. Di fatto, dunque, l’aspirante medico perde un intero anno.
Resta il numero chiuso. Per l’accesso alle facoltà di Medicina resterà il numero chiuso. “Siamo in pletora di medici. Attualmente – ha spiegato il ministro Fazio – . Ne abbiamo 4 ogni 1.000 abitanti a fronte di una media Ocse di 3,3. Con le nuove regole la nostra media scenderà a 3,5 rimanendo dunque ancora superiore a quella Ocse. Il numero di medici che escono dalle facoltà a numero chiuso copre le necessità del Paese e non riteniamo di aver bisogno di nuovi medici”.
“La qualità degli studi”. Il sindacato dei medici dirigenti Anaao-Assomed ha accolto in modo positivo la riduzione del percorso formativo, ma chiede di migliorare “la qualita’” degli studi. Secondo l’Anaao, “le buone intenzioni da sole non garantiscono i risultati: occorre aprire la discussione con tutti gli attori interessati ai singoli aspetti per segnare veramente – conclude il sindacato – un cambio di passo nei rapporti tra Ssn e Università”.
“Evitare lo sfruttamento”. Cgil mette in guardia contro lo sfruttamento nelle corsie. “La proposta per gli specializzandi di contratti a termine non deve però trasformare la formazione sul campo in sfruttamento – hanno dichiarato Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, e Massimo Cozza segretario nazionale Fp-Cgil Medici – . Ciò che serve è una formazione di qualità anche negli ospedali e nei servizi territoriali che non diventi una istituzionalizzazione di circa diecimila medici specializzandi-precari a basso costo per coprire i vuoti di organico dei servizi regionali, colpiti da un irresponsabile blocco del turn-over”.
Organici in calo. Secondo il sindacato dei medici italiani, Smi, la riforma interviene sul calo degli organici. La necessità di ridurre gli anni della formazione è importante per “riequilibrare una bilancia che tende ad un saldo negativo tra offerta e domanda di medici sin dai prossimi anni, come dimostrano le proiezioni di tutti gli osservatori”, ha spiegato Daniela Melchiorre.
I dati. Nei prossimi dieci anni, in Italia andranno in pensione più medici di quelli che saranno specializzati dalle università. Per certe discipline negli ospedali sarà crisi: mancheranno soprattutto internisti e pediatri. . Secondo una recente ricerca di Anaao Assomed, circa la metà degli ospedalieri italiani sono nati tra il 1950 e il ’59 e acquisiranno i requisiti per la pensione tra il 2012 al 2021.
Repubblica.it – 28 luglio 2011