Calano le entrate di Regioni e Comuni ma non le tasse locali su cittadini e imprese. È l’apparente paradosso che emerge dalla relazione annuale della Banca d’Italia presentata martedì scorso dal Governatore Mario Draghi.
E che fa sentire i suoi effetti soprattutto sul Mezzogiorno dove risulta mediamente più elevato il peso di Ici, Irap e addizionali all’Irpef. Tutto ciò a meno di una settimana dal D-day sul federalismo municipale che consentirà ai sindaci di tornare ad alzare l’asticella dell’imposta sui redditi dopo tre anni di blocco deciso dallo Stato.
L’analisi di Palazzo Koch evidenzia come gli introiti delle amministrazioni locali siano diminuiti del 2,9% rispetto al 2009. Una flessione dovuta alla contrazione dei trasferimenti provenienti da altri enti pubblici e dall’estero (-8,3% in totale) e che neanche la ripresa delle entrate tributarie dopo i cali del 2008 e del 2009 è riuscita a compensare. L’aumento ha interessato sia le imposte indirette (+1,8%) che quelle dirette (+5%). Sul fronte regionale spicca il dato dell’Irap, il cui gettito è salito dell’1,2% (a 32 miliardi) a fronte del calo del 19,7% subito complessivamente nel biennio 2008-09. A influenzare il rimbalzo in positivo del tributo hanno contribuito le maxi-addizionali scattate automaticamente per le Regioni in deficit sanitario. A cui la legge consente l’innalzamento dello 0,15% delle aliquota Irap oltre la soglia massima del 4,82 per cento. Tale tetto è stato superato da Campania, Calabria, Lazio e Molise. Con l’effetto che la pressione fiscale è cresciuta soprattutto al meridione d’Italia.
Stessa sorte per l’addizionale regionale all’Irpef. Gli incassi per i governatori sono saliti a 8,2 miliardi (+1,1%). Anche qui grazie all’aumento automatico dell’aliquota che, per le stesse quattro Regioni in disavanzo, ha sfondato il limite dell’1,4% per raggiungere la vetta dell’1,7 per cento. Solo le tasse automobilistiche sembrano non aver inciso sulle tasche degli italiani tant’è che il gettito del bollo regionale è rimasto sostanzialmente stabile a 5,4 miliardi. A limitare gli aumenti, in questo caso ha certamente contribuito l’andamento non certo brillante del mercato dell’auto, testimoniato anche dai risultati dei tributi provinciali: alla crescita dell’imposta sull’Rc auto (1,4 per cento, a circa 2 miliardi) si è contrapposta la flessione di quella di trascrizione (-3,1 per cento, a 1,1 miliardi).
Leggermente diverso il quadro offerto dalle entrate comunali. L’eliminazione dell’Ici sulla prima casa continua a far sentire i propri effetti sulle casse dei municipi: gli incassi tributari sono diminuiti del 2,7% che equivale a 16,3 miliardi. Di questi 9,2 miliardi arrivano dall’imposta sugli immobili (-3%) e altri 2,8 dall’addizionale comunale all’Irpef (-1%). Che però, va ricordato, a differenza di quella regionale, non prevede alcun meccanismo di aumento automatico. L’asticella massima è ancora bloccata allo 0,8 per mille. Una soglia peraltro già raggiunta da parecchi Comuni del Sud laddove la media del Centro-nord si è assestata su livelli più bassi.
Questo quadro potrebbe tuttavia cambiare nei prossimi mesi. Specie per effetto delle novità imposte dal federalismo fiscale. A cominciare da quelle per i Comuni. Il decreto attuativo sul fisco municipale (il Dlgs 23 del 2011) permette ai sindaci che al momento dello stop imposto nel 2008 avevano un’addizionale Irpef sotto la soglia media dello 0,4% di poterla ora aumentare dello 0,2% annuo per due anni. Ma, come recentemente precisato da una risoluzione del dipartimento Finanze (su cui si veda Il Sole 24 Ore del 3 maggio scorso), i sindaci interessati non potranno farlo prima di martedì 7 giugno. E ciò perché i 60 giorni concessi dal decreto al ministero dell’Economia per emanare il regolamento attuativo con le precisazioni su chi potrà ritoccare le aliquote e di quanto, scadranno soltanto lunedì 6
Ilsole24ore.com – 3 giugno 2011