La crisi si prolunga e le famiglie italiane usano tutte le loro risorse per farvi fronte. E così nel 2011 si sono scoperte meno ricche del 2010 e quest’anno si scopriranno meno ricche del 2011, sperando di venirne fuori nel 2013 o nel 2014.
La Banca d’Italia nella sua consueta indagine ha dato le cifre di tale arretramento: nel corso del 2011 la ricchezza netta complessiva è diminuita dello 0,7%, mentre in termini reali, cioè scontata dell’inflazione, si è ridotta del 3,4%. Dalla fine del 2007, quando si è raggiunto il valore massimo in termini reali, il calo è stato complessivamente pari al 5,8%. Quest’anno le cose sono ulteriormente peggiorate, secondo stime preliminari: nel primo semestre del 2012 la ricchezza netta della famiglie italiane sarebbe ancora diminuita, dello 0,5% in termini nominali rispetto alla fine dello scorso dicembre. I motivi del calo sono da ricercarsi nella flessione della tendenza al risparmio e nella riduzione del valore delle case.
Ma veniamo ai valori assoluti: la ricchezza netta ammontava, alla fine dello scorso anno, a 8.619 miliardi di euro che vuol dire poco più di 140 mila euro pro capite e 350 mila euro in media per famiglia. In media perché la concentrazione dei redditi in Italia è alta, anche se non è una novità: è così da dieci anni e anche nel decennio prima i valori erano più o meno gli stessi, solo leggermente più bassi.
Molte famiglie detengono dunque livelli modesti o nulli di ricchezza; all’opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata: alla fine del 2010 la metà più povera deteneva il 9,4% della ricchezza totale, mentre il 10% più ricco deteneva il 45,9% della ricchezza complessiva. Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2010 pari al 2,8%, risulta invece in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi.
Se può consolare, nel resto dell’Europa e dei paesi industrializzati le disuguaglianze sono anche maggiori e poi nel confronto internazionale le famiglie italiane mostrano un’elevata ricchezza netta, pari, nel 2010, a otto volte il reddito disponibile, contro 8,2 del Regno Unito, 8,1 della Francia, 7,8 del Giappone, 5,5 del Canada e 5,3 degli Stati Uniti. Esse hanno anche relativamente meno debiti, circa il 71% del reddito disponibile (Francia e Germania al 100%, Usa e Giappone al 125%, Regno Unito al 165%). Quanto alla suddivisione del patrimonio complessivo delle famiglie, le attività reali rappresentavano il 62,8% del totale e quelle finanziarie il 37,2%, in calo del 3,4%. In particolare la proprietà delle case a fine 2011 era stimata in poco più di 5 mila miliardi di euro. Questo valore è aumentato dell’1,3% rispetto alla fine del 2010, riducendosi dell’1,4% in termini reali.
A questo proposito si può sperare per il futuro in una minore erosione dovuta all’inflazione. L’Istat infatti ieri ha confermato che in novembre la crescita dei prezzi si è fermata, a livello tendenziale, al 2,5% dal 2,6% di ottobre, tornando al livello di marzo 2011. La frenata di novembre è principalmente dovuta al calo segnato dai carburanti. Anche l’aumento dei prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori, e che formano il cosiddetto carrello della spesa, è però rallentato passando su base annua al 3,5% dal 4% di ottobre.
Stefania Tamburello – Corriere della Sera – 14 dicembre 2012