di Valeria Zanetti (L’Arena). Un tavolo tecnico sulla veterinaria pubblica e una legge quadro che assicuri modelli organizzativi uniformi per i servizi sul territorio. È quanto chiede Sivemp veneto, il Sindacato dei veterinari di medicina pubblica,alla Regione, che negli ultimi mesi ha varato alcuni provvedimenti di settore. Tutti aspramente criticati dalla sigla sindacale, che ha impugnato con richiesta di sospensiva davanti al Tar veneto la delibera n.2271 e 19 atti aziendali attraverso i quali «le Ulss intervengono sui servizi in modo disorganico», fanno sapere da Sivemp. Dopo aver incassato un primo ricorso alla delibera n.975/2013, la Giunta sembrava aver messo a fuoco le criticità evidenziate dai veterinari. «Invece anche la delibera della Giunta regionale successiva e gli atti conseguenti predisposti delle aziende sanitarie non rispettano il decreto Balduzzi e neppure il piano socio sanitario veneto».
«In pratica, anche a Verona la veterinaria pubblica rischia di subire un ridimensionamento netto», chiarisce il segretario scaligero del sindacato regionale, Roberto Poggiani. Con conseguenze gravi per il settore alimentare, in cui la provincia è leader in Veneto ed in Italia.
Secondo gli ultimi dati della Camera di commercio, nei primi nove mesi del 2013, le imprese del segmento carni hanno incrementato il loro business all’estero del 9,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un valore di poco inferiore ai 215milioni di euro. Nel 2012 il settore carni e il lattiero caseario hanno generato esportazioni per oltre 462milioni.
La veterinaria pubblica – va ricordato – vigila non solo sulla sanità animale e sull’igiene degli allevamenti, ma anche sull’igiene degli alimenti di origine animale, dal miele alle uova, per esemplificare. Ecco quindi, secondo Sivemp, cosa accadrebbe se gli atti aziendali appena impugnati venissero attuati. L’Ulss 20 di Verona passerebbe da quattro a due distretti veterinari, con solo due strutture complesse, equivalenti a «primariati». L’Ulss n. 21 di Legnago avrebbe solo una struttura complessa e non tre come prevedono legge Balduzzi e piano socio sanitario veneto. Infine, alla 22 di Bussolengo le strutture complesse aumenterebbero da una a due, con un problema irrisolto di organici sottostimati. «Che comporta un utilizzo non specialistico delle professionalità, impiegate in servizi non di propria pertinenza, in un’azienda sanitaria estremamente vasta», denunciano dal sindacato. «I tagli comporterebbero conseguenze sugli interventi richiesti dagli allevatori e dalle imprese. Anche il disbrigo delle pratiche burocratiche subirebbe rallentamenti».
La cura dimagrante ipotizzata è accompagnata da un’altra delibera (la dgr n.2611 del 30 dicembre, è avuta pubblicata sul Bur solo il 18 febbraio, ndr) che aumenta la confusione, tratteggiando un modello che potrebbe essere replicato a cascata nelle Ulss, ma privo di precedenti in Italia. La dgr toglie infatti alla veterinaria regionale le competenze in materia di sicurezza alimentare, deviate sulla sezione di Prevenzione e sanità pubblica.
La Federazione veneta degli ordini dei veterinari ha subito manifestato il proprio disappunto in V commissione consiliare (Sanità). Della visita riferisce il consigliere Pd, Giampietro Marchese. L’argomento di discussione – ricostruisce – è stato la disaggregazione dei servizi tra controllo della salute degli animali, affidato alla rete dei 350 specialisti dei servizi veterinari delle Ulss, e sicurezza igienico sanitaria degli alimenti e sorveglianza nutrizionale, che la Giunta ha affidato alla sezione di Prevenzione e sanità pubblica. «I rappresentanti dei veterinari sono intervenuti per difendere l’unitarietà delle funzioni, dall’allevamento ai macelli alla tavola, in un’ottica di filiera», conclude Marchese. «A questo punto risultano indispensabili un tavolo tecnico per stabilire chi fa cosa e una legge quadro per delineare l’assetto organizzativo dei servizi».
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11 marzo 2014