Da una parte le organizzazioni di settore tutte favorevoli. Dall’altra 213 fra ricercatori agronomi, tecnici ed esperti di scienze agrarie che si oppongono. Nel mezzo la politica, che ha elaborato un disegno di legge sull’agricoltura biologica che sta per iniziare il suo iter nella Commissione Agricoltura al Senato, dopo essere stato approvato a maggioranza il 1° dicembre alla Camera con il solo voto contrario di Forza Italia.
L’oggetto del contendere è lo sviluppo del biologico: «Il Parlamento ci sta lavorando da tre legislature — spiega la deputata Chiara Gadda, capogruppo Pd in commissione Agricoltura alla Camera e prima firmataria della legge — io l’ho ripresentata con delle modifiche come l’aggiunta del logo nazionale, e l’obiettivo è mettere a sistema le richieste degli operatori emerse in un lungo ciclo di audizioni. Le produzioni con metodo biologico in italia già oggi rappresentano il 15%, e grazie alla nuova legge si pongono le basi per un piano strategico nazionale che rilancerà la competitività del comparto. Il ddl, inoltre, considera le scelte dei consumatori, che vogliono il biologico». Sono diverse le misure in questa direzione: incentivi per i biodistretti, aggregazioni di prodotti e produttori, istituzione di un piano nazionale delle sementi biologiche e assegnazione dei fondi al settore in modo strutturale.
Il problema, però, è che per 213 esperti del settore — che chiedono in una lettera accompagnata da un documento di analisi, indirizzata a tutti i senatori membri della commissione Agricoltura, di modificare profondamente nell’impianto e nei contenuti il ddl — è proprio il biologico che va rimesso in discussione. Lo fanno partendo da un dato: i 13 milioni di ettari di superficie agricola utile coltivati in Italia producono solo il 70% del fabbisogno nazionale e quindi l’attuale formulazione del ddl aumenterebbe la dipendenza dall’estero. Gli autori della lettera, inoltre, evidenziano che la percezione che il biologico «non inquini» non tiene conto del fatto che «per ottenere le stesse quantità di raccolto occorre coltivare più terre e quindi si emettono più gas serra e si inquinano di più le falde con i nitrati». E, quanto al sistema dei controlli, quello delle produzioni biologiche è «attualmente lacunoso a causa del rapporto anomalo esistente tra valutatori e produttori, che vede il controllore pagato dal controllato».
«Rispetto le posizioni di uomini di scienza — la replica di Gadda — ma altrettanto devono essere rispettate le decisioni degli operatori della filiera che scelgono il biologico. Perché lo chiedono i consumatori». Gli operatori di filiera, infatti, sono favorevoli al ddl. Per Coldiretti «il disegno di legge che sarà in discussione al Senato sul biologico rappresenta un utile strumento per promuovere e valorizzare una filiera innovativa e competitiva della nostra agricoltura. Anche gli studiosi devono fare i conti con un modello di agricoltura, quello del made in Italy, che ha successo perché rivendica la reputazione di una identità territoriale riconosciuta internazionalmente». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza cooperative agroalimentari: « La cooperazione si è espressa dall’inizio a favore del ddl sul biologico che a nostro avviso è funzionale alla crescita e allo sviluppo del comparto in Italia. Si tratta, infatti, di un provvedimento che contiene tutti gli strumenti necessari allo sviluppo del settore, a partire dal forte impulso all’aggregazione».
Il Corriere della Sera