Il Sole 24 Ore. Un’authority specifica per l’agroalimentare, che vigili sulla contraffazione, sulle agromafie e soprattutto sulle pratiche sleali della grande distribuzione, quelle che spingono al ribasso i prezzi riconosciuti ai produttori agricoli. L’ha promessa ieri il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, intervenendo al Summit “Recovery Food” della Coldiretti con cinque membri del governo Draghi: «I nostri uffici al ministero sono già al lavoro – ha assicurato Patuanelli – sia la direttiva europea contro le pratiche sleali, sia la legge Caselli di contrasto alle agromafie sono una priorità».
Poter contare su una maggiore vigilanza per quanto riguarda il tema della concorrenza agroalimentare è però solo una delle richieste che la Coldiretti ha messo ieri sul tavolo dei molti ministri intervenuti al summit, dedicato alla ripartenza del comparto italiano del food dopo le difficoltà della pandemia e in vista del Recovery fund. Il presidente dei coltivatori diretti, Ettore Prandini, ha chiesto al governo di spingere l’acceleratore sulla diffusione degli impianti di biogas, di biometano e di fotovoltaico in agricoltura «per favorire la produzione e l’autoconsumo interno delle imprese agricole». Ha sottolineato l’urgenza di investire sul sistema portuale e dei trasporti ferroviari, per rendere più competitivo l’export del food italiano nel mondo. Ha auspicato il rilancio a livello nazionale di una nuova chimica verde e ha invitato le autorità a procedere quanto prima a una semplificazione della burocrazia.
In Italia i costi dell’energia in agricoltura sono il 50% più alti di quelli dei nostri concorrenti francesi, è stato ricordato ieri. «Io immagino, con il Recovery Fund, di rendere autonome e decarbonizzate le nostre produzioni – ha risposto il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani – immagino di ricoprire i tetti delle imprese agricole con gli impianti a fotovoltaico, di utilizzare le biomasse prodotte dagli animali per alimentare gli impianti di biogas».
Nel mirino della Coldiretti c’è anche la Plastic tax, che dovrebbe entrare in vigore a luglio. «Sono il primo a dire che la plastica va ridotta – sostiene Prandini – ma quando non la si può sostituire con altri materiali più sostenibili, non si può tassare le imprese che la usano, sennò favoriamo i paesi dove questa tassa non viene pagata dai produttori». Secondo la Coldiretti, la Plastic tax non dovrebbe essere posta a carico delle industrie che fanno trasformazione alimentare, ma piuttosto dei punti vendita, in modo che a doverla pagare siano tutti, anche i prodotti stranieri. E su questo Coldiretti ieri incassa un’apertura da parte del governo: «La plastica è già disincentivata dalla normativa a livello europeo, non capisco perché in Italia si debba andare oltre il ragionevole con effetti autolesionistici – ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, in collegamento ieri durante il Summit – nel governo ci sono sensibilità diverse sul tema della plastic tax, io auspico che una riflessione su questo venga fatta».
L’agroalimentare italiano quest’anno, per la prima volta nella storia, ha esportato più di quanto ha importato. «Possiamo essere il vero settore che garantirà la crescita costante del Paese, ma un terzo del tempo che dovremmo impiegare all’interno delle nostre imprese lo passiamo a compilare carta», ha detto ieri Prandini, puntando il dito contro il peso eccessivo della burocrazia in Italia. «È vero – ha ammesso il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta – la cattiva burocrazia costa 100 giorni al lavoro delle imprese, ma sto lavorando a un provvedimento sulla semplificazione a 360 gradi».
Tra le battaglie che stanno più a cuore alla Coldiretti c’è anche quella contro il Nutriscore, la cosiddetta etichetta a semaforo che penalizzerebbe pesantemente l’export dei prodotti agroalimentari italiani se venisse adottata come lo standard della Ue. E su questo dossier gli agricoltori ieri hanno incassato un doppio sostegno, quello del ministro della Salute, Roberto Speranza, e quello del ministro dell’Agricoltura Patuanelli, che si è espresso senza mezzi termini: «Il nutriscore è un meccanismo idiota, è un sistema di marketing. A Bruxelles noi non batteremo solo i pugni, noi ribalteremo i tavoli. Credo che si stiano aprendo degli spiragli per bloccare questa assurdità».
Meno compatto è invece il fronte del governo per quanto riguarda un’altra delle richieste storiche della Coldiretti, quella di un’etichettatura sull’origine delle materie prime alimentari da estendere in Italia e, possibilmente, da portare anche in Europa: «Sostengo l’etichettatura di origine ha detto ieri il ministro Giorgetti – ma una parte dell’industria alimentare non è d’accordo perché utilizza anche materie prime non italiane. Cercheremo di trovare un compromesso».