La rimodulazione delle risorse sarà basata sull’estensione del territorio e penalizzerà l’Italia rispetto ad altri Paesi. Cambiato il metodo di calcolo: così rischiamo una «batosta» nella ripartizione di 142 miliardi
E’vietato parlare di sconfitta, è più europeo parlare di rimodulazione della spesa agricola ma la sostanza non cambia: il negoziato, quello che rielabora il profilo dei sussidi, per l’Italia sarà un colpo sotto la cintura.
La Pac (politica agricola comune) nasce nel dopoguerra, con l’ambizione di vigilare, sostenendoli, i redditi di milioni di agricoltori. Da allora almeno tre grandi riforme hanno alimentato le speranze del settore primario a suon di sussidi che nel bene e nel male consumavano oltre la metà del bilancio primario. In cifre, ancora oggi l’Europa destina all’agricoltura 66 miliardi del suo bilancio (142 miliardi di euro). L’Italia ha raccolto i buoni frutti di quella complicata partita di giro assicurandosi il 10% dei fondi Pac, risorse vere ripartite tra primo e secondo pilastro cioè tra aiuti diretti alle aziende e i diversi piani di sviluppo rurale (regionale). C’e un però: da un anno circa, a Bruxelles, il commissario all’Agricoltura, Dacian Ciolos, ha cambiato radicalmente l’impostazione, rivoluzionando i criteri di assegnazione degli aiuti per il settennato 201420, purtroppo per noi. La riforma procede in parallelo, anzi dipende (economicamente) dalla riforma del bilancio comunitario che, a meno di un miracolo, non pare abbia intenzione di promuovere aumenti di capitale. Il bilancio comunitario ammonta a 142 miliardi, cifra considerevole in termini assoluti ma da ridimensionare se si ricorda che l’Europa che aveva votato il precedente quadro finanziario pluriennale vigente, si componeva di 15 Paesi, mentre oggi sono in 27. Tra i nuovi arrivati ci sono regioni a fortissima vocazione agricola, produzioni estensive, superfici aziendali doppie rispetto alle nostre(Polonia, Romania, Ungheria).
L’agricoltura italiana è intensiva e performante: una superficie agricola pari al 7% del totale europeo produce il 13% del valore della produzione agricola complessiva dell’Unione, poca superficie agricola ad alto valore aggiunto per ettaro. È l’agricoltura di qualità dei prodotti tipici, Dop Doc, Igt.
Questa particolarita ci veniva riconosciuta ed il parametro di erogazione dei fondi misurava la qualità e non i terreni a spanne. I nuovi criteri «ragionieristici» dovrebbero regolare i pagamenti sulla base della superficie coltivata criterio per altamente punitivo. 1l nuovo ministro dell’Agricoltura Mario Catania, che quel dossier lo conosce bene, dice che la proposta del commissario «è antistorica».
Ha ragione ma non basta. La partita ora si gioca nel parlamento europeo dove, per «grazia ricevuta», a presiedere la commissione agricoltura c’è un italiano, Paolo de Castro. E all’Italia non resta resta che sperare.
Il Mattino – 19 gennaio 2012