Il sindacato Snami: «A causa delle restrizioni nelle prescrizioni registriamo un allarmante aumento di conflitti con gli assistiti»
«Noi dobbiamo prenderci anche i pugni, quando va bene, senza poter reagire adeguatamente, per ruolo ricoperto, per età, per condizioni fisiche, perché il tutto non ha senso». Terminava amaramente così, sei mesi fa, la lettera a Quotidiano Sanità di Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine dei medici di Venezia e vicepresidente a livello nazionale, a commento di alcune aggressioni ai danni di colleghi in servizio in varie province del Veneto. In una di queste, però, ora la categoria ha scelto di dire basta alla paura e alla rassegnazione: accade a Belluno, dove il sindacato Snami ha deciso di organizzare un corso di autodifesa per il personale sanitario, al quale verranno insegnate le tecniche del krav maga da applicare in ambulatori e reparti, per tutelarsi da pazienti esagitati e maneschi.
L’INIZIATIVA. Viene da chiedersi perché l’iniziativa sia stata pensata proprio nel Bellunese, area molto meno citata delle altre nelle cronache delle violenze nei confronti dei camici bianchi. «È vero, qui non siamo arrivati – riconosce Roberto Sernaglia, segretario provinciale del Sindacato nazionale medici italiani – a degenerazioni fisiche come purtroppo è successo altrove. Ma anche in questo territorio siamo costretti a confrontarci, sempre più stesso, con le aggressioni verbali dei pazienti. Anche negli ambulatori di medicina generale, registriamo un allarmante crescendo di conflittualità tra professionisti e assistiti, spesso a causa delle continue restrizioni che ci vengono imposte dallo Stato e dalla Regione nelle prescrizioni di visite ed esami: capita di frequente che il cittadino, pretendendo un accertamento o una classe di priorità che il medico di base non può dare, reagisca male di fronte al rifiuto». Di qui l’idea di un ciclo di lezioni dedicato non solo ai medici di famiglia, ma anche agli ospedalieri, alle guardie mediche, agli infermieri e più in generale agli operatori del sistema sanitario. «Ne avevamo promosso uno dieci anni fa – ricorda il medico e organizzatore Gianluca Rossi – e l’idea aveva avuto un buon successo. Già allora l’esigenza era sentita, ma adesso lo è molto di più, soprattutto da parte delle donne, che sono le più indifese soprattutto quando lavorano nei servizi di continuità assistenziale. Spesso infatti le guardie mediche girano da sole, di notte, magari devono andare nelle case e non sanno mai cosa trovano. Ma di recente anche in Veneto ci sono stati casi in cui anche medici uomini sono stati picchiati medici perfino all’interno delle strutture ospedaliere». LA SICUREZZA. L’ultimo episodio, in ordine di tempo, è avvenuto mercoledì pomeriggio al nosocomio veronese di Legnago, dove un medico del Pronto Soccorso è stato preso a pugni in faccia da un malato con problemi psichiatrici. Dopo quel fatto Luca Coletto, assessore regionale alla Sanità, conta di portare in giunta un piano che preveda telecamere e guardie in tutte le unità di pronto intervento. In attesa di misure di sicurezza strutturali, ecco intanto i dieci incontri che renderanno il via in primavera nella palestra dell’ospedale di Belluno. «Verrà spiegato a medici e operatori come dominare le emozioni nelle situazioni critiche», sottolinea Sernaglia. Attraverso l’associazione Krav Maga Belluno, guidata dall’istruttore Cristian Burde, ai venti corsisti saranno impartite le nozioni del sistema di combattimento ravvicinato e autodifesa di origine israeliana. «La valenza che daremo noi – rimarca Rossi – sarà di pura autotutela, non certo di aggressione: imparare a difendersi per evitare il peggio e poi magari darsela a gambe. Personalmente sono un appassionato di questa pratica e ho cercato di trasmetterla alla mia categoria professionale, sempre più esposta alla tensione di pazienti che pretendono il riconoscimento di un’urgenza che non hanno o la prescrizione di un approfondimento di cui non hanno bisogno». Senza contare, rimarca Leoni, le situazioni di pericolo a cui il personale del 118 è esposto durante proteste e manifestazioni, come ieri a Venezia: «Ho visto i colleghi partire bardati come se partissero per la guerra, per i rischi a cui vanno incontro nel soccorrere la gente». (Angela Pederiva)
IL GAZZETTINO – Lunedì, 19 febbraio 2018