La rabbia dei pazienti, che si sentono sempre più abbandonati a un triste destino, si riversa su medici e infermieri, incolpevoli front office, paraventi di disservizi di un sistema sanitario ormai in stato terminale, un capro espiatorio a portata di mano.
Il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario ha ormai raggiunto livelli allarmanti, sia per numerosità che per gravità, senza differenze tra presidi di guardia medica e ospedali, tra regioni e città.
La rabbia dei pazienti, che si sentono sempre più abbandonati a un triste destino, si riversa su medici e infermieri, incolpevoli front office, paraventi di disservizi di un sistema sanitario ormai in stato terminale, un capro espiatorio a portata di mano.
Decenni di disinvestimenti, assenza di programmazione, destrutturazione della professionalità, disinteresse crescente della politica in tutt’altre faccende affaccendata, hanno contribuito al dissolvimento di un servizio sanitario pubblico che si fa fatica a immaginare ancora fruibile in un prossimo futuro.
Più di 12.000 le aggressioni ai danni di operatori sanitari negli ultimi 4 anni, un trend che neanche la legge partorita con fatica nel 2020 è riuscita a invertire. Anche perché avara di novità di rilievo, al di là dell’inasprimento della pena per gli aggressori e dell’istituzione di un osservatorio nazionale sul fenomeno.
Evidentemente serve altro. Si torna a parlare di procedibilità di ufficio per tutte le lesioni, non solo con quelle con prognosi superiore ai 20 giorni, attribuzione dello status di pubblico ufficiale al medico, presenza di telecamere e di forze dell’ordine, o dell’esercito, nei presidi di cura, in funzione di deterrente. O di assicurare supporto psicologico ai parenti dei pazienti al loro ingresso informazione continua su tempi di attesa, comunicazione sul controllo dei parametri.
Interventi certo utili che, però, rischierebbero di non essere risolutivi se isolati o non calati in un contesto di profonda riorganizzazione dell’intero sistema di presa in cura del paziente, che richiede un investimento economico e professionale che oggi non vediamo. Le riforme a costo zero, si sa, non producono effetti.
La rabbia della gente, che attende ore in sala di attesa per una visita o giorni in accampamenti improvvisati per un posto letto, accentuata dallo stato di malattia che, più o meno grave, produce comunque effetti devastanti sull’equilibrio psichico, non potrà certo essere governata da misure esclusivamente deterrenti o punitive.
Occorre prendere atto che il rapporto medico-paziente, e lo stesso principio di umanizzazione delle cure, si sono smarriti nei meandri di una crisi di sistema fatta di carenze, di personale e posti letto, di investimenti e attenzione della politica.
Fino a quando il pronto soccorso continuerà a essere l’unica porta di accesso alle cure, fino a quando la lunghezza delle liste di attesa rappresenterà di fatto la negazione del diritto alla salute, fino a quando non si comprenderà la necessità di una integrazione tra territorio e ospedale, non due silos distinti e distanti, ma due parti dello stesso sistema, fino a quando mancherà un investimento coraggioso sul personale e su un asset legislativo di riforma del modello attuale, continueremo a discutere di over boarding, di accessi impropri, di dimissioni e carenza di vocazioni, di cure trasformate in odissea. E di aggressioni verbali e fisiche, sempre più violente e lesive dell’integrità, non solo fisica, del personale, lasciato solo a gestire la forbice tra domande crescenti dei pazienti e risorse decrescenti, rischiando ogni giorno la vita nelle corsie fino ad assumere come obiettivo il ritorno a casa, indenne, dopo ogni turno.
Non sarà facile, ma se Governo e Ministro vorranno incamminarsi per questa strada, l’Anaao ci sarà e continuerà a fare la sua parte.
Pierino Di Silverio Segretario Nazionale Anaao Assomed