Il Segretario Nazionale del Sindacato Italiano Veterinari di Medicina Pubblica, Aldo Grasselli, spiega ai microfoni di Sanità Informazione quali sono i rischi che corrono i veterinari di sanità pubblica, che operano in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria e in rappresentanza dell’autorità: «Spesso servire l’interesse pubblico significa entrare in conflitto con interessi privati e a volte illeciti».
«Le aggressioni sono aumentate e stanno diventando veramente pesanti – spiega il Segretario SIVeMP –. Ci auguriamo che si arrivi ad avere delle norme tali da tutelare maggiormente la nostra categoria. Ma la prima e più semplice soluzione che tutte le aziende sanitarie dovrebbero mettere in atto è quella di non lasciare mai nessun veterinario lavorare da solo nelle situazioni a rischio. Se non viene fatto questo – conclude Grasselli – provvederemo noi stessi a denunciare i direttori generali per omissione dei dispositivi elementari di protezione dei lavoratori».
Quello delle aggressioni verbali e fisiche non è un problema che riguarda solo i medici e gli operatori sanitari, ma anche i veterinari. Non si tratta di una questione nuova, ovviamente, ma negli ultimi tempi sono stati raggiunti livelli d’allerta mai visti prima. «In particolare – spiega ai nostri microfoni Aldo Grasselli, Segretario SIVeMP (Sindacato Italiano Veterinari di Medicina Pubblica) – spesso ci si dimentica che i più esposti sono i veterinari che, in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria, operano in rappresentanza dell’autorità. Questi effettuano controlli e certificazioni negli allevamenti, negli stabilimenti alimentari e negli esercizi di ristorazione commerciale, per effettuare verifiche e certificare che i prodotti venduti o somministrati siano salubri e che gli animali che producono quegli alimenti siano sani. Questi – spiega Grasselli –, operando nell’interesse della salute pubblica, molto spesso vengono in conflitto con interessi commerciali ed imprenditoriali di parti non particolarmente dinamiche del settore agro-zootecnico alimentare e che magari sono permeate da condizioni di illegalità in determinati territori del nostro Paese».
Ciò significa che spesso e volentieri questi professionisti si trovano a dover contrastare, «da soli e in zone, ad esempio montane, difficili da raggiungere o in cui il cellulare non prende», soggetti «non sempre elegantissimi nei comportamenti e magari abituati ad utilizzare un frasario poco elegante» che passano a «vie intimidatorie o a comportamenti anche più gravi che hanno un pesante impatto sull’autonomia, l’incolumità e sulla proprietà di giudizio del veterinario». Insomma, passi anche l’utilizzo di un linguaggio non proprio consono ai più civili rapporti personali e lavorativi umani, ma quando dalle parole si passa alle minacce o ai danni fisici non solo verso il professionista, ma anche nei confronti delle sue proprietà e dei suoi familiari, bisogna intervenire.
«Le aggressioni sono aumentate e stanno diventando veramente pesanti – spiega ancora il Segretario SIVeMP –. Ci auguriamo che si arrivi ad avere delle norme tali da tutelare maggiormente la nostra categoria. Ma la prima e più semplice soluzione che tutte le aziende sanitarie dovrebbero mettere in atto è quella di non lasciare mai nessun veterinario lavorare da solo nelle situazioni a rischio. Se non viene fatto questo – conclude Grasselli – provvederemo noi stessi a denunciare i direttori generali per omissione dei dispositivi elementari di protezione dei lavoratori».