Sulla sanatoria delle nomine varata nel 2012 la parola passa alla Corte costituzionale. A rischio illegittimità 767 posizioni dirigenziali (su circa 1.143) all’agenzia delle Entrate. È questa una delle possibili conseguenze della sentenza numero 5451/2013 del Consiglio di Stato che rinvia alla Corte costituzionale l’articolo 8 comma 24, legge 44/2012 (semplificazioni tributarie) in cui si autorizzava l’Agenzia a espletare nuove procedure concorsuali, fermi, però, gli incarichi già attribuiti.
Come dire che i funzionari (767 su 1.143) ai quali era stata attribuita una funzione dirigenziale, senza che avessero i titoli per svolgerla, potevano continuare a svolgere la loro attività. Una specie di sanatoria sulla quale i giudici amministrativi, non potendo intervenire, rimandano la palla ai magistrati di costituzionalità.
Una materia complessa e da tempo oggetto di controversie quella delle posizioni dirigenziali all’agenzia delle Entrate. Su cui, ad esempio, nel 2011 è già intervenuto il Tar Lazio ( s entenza numero 07636/2011) bloccando le nomine in assenza dei requisiti. La sentenza Cds depositata il 18 novembre scorso affronta tre diverse questioni. Innanzitutto si occupa della rappresentanza dell’organizzazione sindacale Dirpubblica. Il Tar aveva smontato la tesi delle Entrate secondo la quale si dovrebbe escludere la legittimazione a ricorrere delle associazioni quando esse facciano valere gli interessi di una sola parte dei propri associati. Ora la sentenza conferma tale orientamento e l’infondatezza del ricorso delle Entrate, in quanto «la possibile disomogeneità degli interessi dei singoli componenti il gruppo o la categoria rappresentata non può incidere sulla legittimazione ad agire dell’associazione rappresentativa o dell’ente esponenziale a tutela dell’interesse collettivo oggettivato e tipizzato». La seconda questione riguarda l’impugnabilità di un atto regolamentare indipendentemente dagli atti di questo applicativi, atto immediatamente lesivo dell’interesse collettivo (del quale è titolare Dirpubblica) alla corretta attribuzione, nell’ambito del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, degli incarichi dirigenziali.
La sentenza affronta poi gli accessi di nuovi dirigenti come disciplinati dalla legge 44/2012. Infatti, la disposizione in esame (articolo 8, comma 24), nell’autorizzare l’espletamento di procedure concorsuali da parte delle Agenzie fiscali, e in particolare da parte dell’agenzia delle Entrate, prevede che «nelle more dell’espletamento di dette procedure» le Agenzie, «salvi gli incarichi già affidati, potranno attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso». Per un verso, dunque, la norma autorizza l’attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari delle stesse Agenzie nelle more dello svolgimento dei concorsi; per altro verso, fa salvi gli incarichi «già affidati», vale a dire gli incarichi dirigenziali già affidati a funzionari privi di qualifica dirigenziale.
«Appare evidente – si legge nella sentenza – come la norma ora richiamata, legittimando ex post l’attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari privi della relativa qualifica, si pone quale factum principis sopravvenuto, tale da determinare la declaratoria di improcedibilità degli appelli per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione». Da qui il rinvio alla Corte Costituzionale.
Il Sole 24 Ore – 21 novembre 2013