Un arresto, 13 indagati e decine di perquisizioni per aver messo in commercio latte contaminato. Nel mirino della procura di Udine e dei Nas c’è il Consorzio Latterie Friulane, alcuni suoi dipendenti e vari allevatori e produttori di latte, accusati di aver lavorato il latte, pur sapendo che i valori delle aflatossine, un fungo che si sviluppa nel mais utilizzato come mangime per i bovini, erano di molto superiori ai limiti di legge e quindi pericolosi per la salute umana. In manette è finito Rino Della Bianca, 60 anni, di Tricesimo, responsabile dell’approvvigionamento del latte per il Consorzio friulano dagli allevatori della zona. Latte arrivato anche alla trevigiana Latteria Soligo, per la quale il Consorzio aveva imbottigliato 3.500 bottiglie. Ma i controlli del gruppo trevigiano hanno impedito che quel prodotto finisse nei banchi frigo dei supermercati.
Aflatossine, Nas in azione nello stabilmento di Campoformido. Perquisizioni tra gli allevatori nelle province di Udine, Treviso e Trieste
I tecnici della Soligo, infatti, hanno analizzato le confezioni di latte parzialmente scremato e hanno accertato che era contaminato. Subito le bottiglie sono ripartite alla volta di Campoformido, per essere restituite come «prodotto non conforme». Ed è a quel punto che, come ricostruito dagli inquirenti e precisato nell’ordinanza d’arresto del gip, Dalla Bianca e i presunti colleghi avrebbero messo in atto il proprio «disegno criminoso». Le normative in questi casi prevedono il blocco dell’intera partita di latte, la segnalazione all’azienda sanitaria per individuare l’allevamento da cui proviene e provvedere alla profilassi. Ma, con la regia proprio di Dalla Bianca, per non paralizzare l’attività dei produttori, gli indagati avrebbero invece recuperato il latte contaminato miscelandolo con latte proveniente da altri produttori, sperando così di abbassare il livello di aflatossine.
I Nas hanno monitorato il periodo dal dicembre 2013 all’aprile 2014. L’episodio più clamoroso risale agli inizi di dicembre, quando una partita di 16.468 litri è stata commercializzata in supermercati e panifici di Friuli e Veneto. Il blitz dei Nas è scattato ieri all’alba al consorzio Latterie Friulane di Campoformido, in provincia di Udine. I militari hanno posto sotto sequestro oltre 19 mila litri di latte, di cui 7 mila e 400 destinati all’alta qualità, con valori fuori soglia pronti per essere commercializzati. I militari del Nucleo Antisofisticazione di Treviso, guidati dal maggiore Vincenzo Nicoletti, sono andati anche alla Latteria Soligo, dove hanno effettuato controlli e acquisito documenti.
Tossine nel latte, la Regione lancia l’allerta nell’Unione europea
La Regione Friuli Venezia Giulia ha estromesso le Latterie friulane dall’elenco europeo dei soggetti abilitati a trattare il latte a fini di commercializzazione. Con l’eliminazione del marchio CE stabilita venerdì dopo lo scoppio dello scandalo del latte ad alto contenuto di aflatossine, infatti, la Regione è intervenuta sulla piattaforma europea della sicurezza alimentare e ha espunto il nome delle Latterie friulane dall’elenco delle imprese autorizzate. In questo modo, l’intera Unione europea è stata avvertita dei possibili rischi.
Tuttavia risulta alquanto difficile risalire rapidamente al latte fuorilegge che è già stato immesso nella rete commerciale: individuare le partite del latte medesimo o i prodotti lavorati presuppone una ricerca certosina lungo la filiera lattiero-casearia, senza contare che con ogni probabilità una larga misura di latte e prodotti in questione potrebbe essere già stata consumata.
Frattanto ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere davantti al Gip di Udine il responsabile dell’approvvigionamento di Latterie friulane, Rino Della Bianca di Tricesimo (Udine), arrestato dai Carabinieri dopo il blitz di venerdì mattina alla centrale di Campoformido. La difesa intende infatti studiare le carte degli inquirenti prima di compiere le prime mosse.
Latte contaminato, il presidente Serracchiani: «Mi è venuto da piangere»
«Ieri, quando abbiamo saputo delle indagini alle Latterie Friulane, a me e al vicepresidente Sergio Bolzonello ci veniva da piangere perché abbiamo faticato tantissimo a trovare una soluzione per questa azienda».
Lo ha detto a Pordenone Debora Serracchiani, presidente del Fvg, a proposito dell’indagine sulla presenza di aflatossine nel latte del consorzio friulano. «Abbiamo convinto una grandissima azienda, la Granarolo, a farsi carico di una realtà locale – ha ricordato Serracchiani – che evidentemente non aveva più fiato. Abbiamo faticato perché i sindacati non erano uniti e non erano tutti convinti. I lavoratori avevano giustamente delle pretese e abbiamo dovuto fare chiarezza. Adesso che siamo portatori di un interesse chiaro, di un’azienda che può risollevare le sorti del settore lattiero-caseario della nostra regione, alcuni delinquenti pensano che anche mettendo a rischio la salute dei cittadini si possa trarre profitto; che insomma in questo paese tutto sia possibile».
«Lanciamo un messaggio chiaro – ha aggiunto Serracchiani – Granarolo con Latterie Friulane non ha ancora nulla a che fare perché la vicenda non si è completata dal punto di vista societario. Ora io mi auguro e spero che il presidente di Granarolo capisca quanto sia importante aiutarci, tanto più adesso – ha concluso – a risollevare le sorti di questo marchio».
Latte tossico, frenata sulla fusione con Granarolo. I veterinari dell’azienda sanitaria: da noi non solo controlli, ma anche consigli
Granarolo frena sulla fusione. Il gruppo emiliano chiede tempo. Ieri sera il presidente Gianpiero Calzolari si è limitato a dire: «Per il momento dobbiamo capire bene come stanno le cose».
Al momento, dunque, non ci sono le condizioni per l’incontro, concetto ribadito ieri mattina, in un laconico messaggio, dalle Latterie friulane alle organizzazioni sindacali. È, dunque, annullato il faccia a faccia a tre di mercoledì tra parti sociali, Latterie friulane e appunto Granarolo. E ora i polsi tremano. Perché quello era il trampolino di lancio dell’affitto d’azienda che sarebbe scattato il primo luglio. Poi la fusione.
Ma ora tutto è appeso a un filo. La Granarolo avrebbe aggiunto ai sindacalisti che che vuole «attendere gli sviluppi giudiziari prima di fare qualsiasi passo», mentre resta vivo il nodo dipendenti. «La Regione ha bloccato il marchio, quindi per il momento non si lavora – spiega Claudia Sacilotto, della Cgil –. Domani ci incontriamo a livello sindacale, per capire se c’è un punto di riferimento. Al momento la cassa integrazione straordinaria è attiva per 104 dei 180 dipendenti.
Probabilmente, in questi giorni, sarà chiesto di utilizzare le ferie. Purtroppo non abbiamo nuove notizie rispetto a ieri (venerdì, ndr), quando è scoppiata la bomba». E venerdì tutti sono rimasti esterrefatti leggendo la notizia delle sofisticazioni alle latterie. Il delegato della Cgil, Fabrizio Morocutti, sottolinea l’ansia dei lavoratori: «Sono molto preoccupati – evidenzia –. Ho parlato anche con il personale del laboratorio e tutti sostengono di avere applicato le procedure. Il laboratorio è un fiore all’occhiello dell’azienda in virtù delle molte certificazioni di qualità ottenute da Latterie. Quei sei tecnici fanno analisi in modo preciso e vanno a fondo al prodotto, sono obbligati. Non so come possa essere successo qualcosa e quando».
Paolo Guerra della Uil guarda al lavoro degli ultimi mesi: «Abbiamo fatto di tutto per salvare l’azienda e ora ci troviamo con un cerino in mano. Adesso cosa possiamo pensare? Prediamo atto della situazione poi siamo qui, speriamo di riuscire a salvare l’impresa. Dopo le vicende degli ultimi mesi sembra di vivere in un incubo, una cosa del genere non me la sarei mai aspettata. Per di più dopo Cospalat».
Nei supermercati il marchio è sparito
Megli scaffali dei supermercati sono sparite le bottiglie delle Latterie Friulane. Sconcertati molti fedeli acquirenti che da anni si fidavano di un prodotto made in Friuli. «Lo davamo anche ai nostri bambini», dice una signora. «Sono sconcertata».
I veterinari. D’Agostini (Sivemp): rispetto delle norme ma anche assistenza alle imprese
«Il servizio veterinario pubblico – ha sottolineato il dottor Marco D’Agostini, segretario regionale del Sivemp, sindacato italiano veterinari di medicina pubblica – è al servizio della salute di tutti e degli stessi imprenditori. Spesso questi ultimi ci vedono come bastoni tra gli ingranaggi, invece noi mettiamo a loro disposizione le nostre conoscenze specialistiche, in modo che il prodotto finale sia garantito. E ciò, naturalmente, è nell’interesse degli stessi imprenditori che così non rischiano di perdere la fiducia dei consumatori, come purtroppo è accaduto in varie occasioni. Certo, noi siamo i “controllori”, ma vorremmo far capire che la nostra attività, che mira al rispetto di tutte le norme nazionali e comunitarie, alla fine va a vantaggio di tutti. Insomma, non facciamo solo verifiche, ma avviamo un dialogo, diamo consigli e mettiamo gli imprenditori nella condizioni di operare serenamente».
Il Corriere del Veneto, il Gazzettino e il Messaggero Veneto – 7 giugno 2014