La Camera, con 361 voti favorevoli e 7 contrari, ha approvato in via definitiva il disegno di legge costituzionale recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”. Le opposizioni non hanno partecipato al voto. In aula sono rimasti solo la maggioranza che sostiene il governo e i ‘verdiniani’ di Ala. Per l’approvazione finale manca ora l’ultimo passaggio del referendum previsto per il prossimo ottobre. Con la riforma la fiducia al Governo verrà espressa solamente dalla Camera, mentre il Senato vedrà ridotta la propria competenza legislativa piena alle riforme e le leggi costituzionali. Siederanno a Palazzo Madama 100 senatori. Il testo
74 espressi dai Consigli regionali indicati dai cittadini in occasione delle relative elezioni, 21 sindaci e cinque nominati con un mandato di sette anni dal Capo dello Stato. Quanto alla sanità, si ampliano le competenze statali con la modifica della lettera m) dell’art. 117.
Per la sanità, con il nuovo articolo 117 del titolo V si ampliano le competenze statali prevedendo l’esclusività della potestà legislativa dello Stato non solo nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni ma anche nelle “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali”.
Questa la nuova lettera m) dell’art. 117:
“(…) Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
(…)
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute; per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare (…)”.
Sempre nel nuovo articolo 117 è poi previsto che alle Regioni resti “la potestà legislativa in materia di (…) di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”.
C’è poi anche una cosiddetta clausola di “supremazia”, per la quale lo Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva qualora “lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
Infine, prevista la discussa possibilità di devoluzione della potestà legislativa “sulle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali”.
Quotidiano sanità – 12 aprile 2016