Abbattere la carica microbica per riportarla entro i criteri del Reg.(CE) 2073/2005: serve un’analisi puntuale dei punti critici. Coldiretti chiede ad Efsa criteri soglia per acque di irrigazione.
In seguito a recente opinione di Efsa su rischio norovirus e salmonella in piccoli frutti (berries), l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha suggerito l’adozione di Buone Prassi Agricole, Produttive ed Igieniche, al fine di controllare e ridurre i rischi e patogeni eventualmente presenti in tutte le fasi della lavorazione del prodotto.
Uno degli aspetti critici riguarda la gestione delle acque di irrigazione, che vanno mantenute pulite e in grado di portare ad un prodotto finale edibile con una carica microbica entro i limiti previsti dalla normativa UE armonizzata (Reg. CE 2073/2005). In particolare, come marker di pulizia delle acque (anche rispetto a Salmonella e Norovirus) va considerata la presenza di coliformi (indicatori di contaminazione fecale). Entro tale regolamento, vi sono attualmente criteri microbiologici per E. coli circa i campioni raccolti durante il processo di fabbricazione (n = 5, c = 2; m = 100 ufc / g e M = 1.000 ufc / g) per i cibi ready-to-eat pre-tagliati frutta e verdura (Quarta gamma) così come per i succhi di frutta e verdura non pastorizzati.
Tuttavia, non è presente un criterio più ampio riferito alla Igiene di Processo (cd Hygiene Criterion) oltre alla Igiene di Prodotto. Tale primo criterio di processo, laddove opportunamente stabilito entro il reg. 2073, consente di determinare soglie analitiche di contaminazione nelle varie fasi della filiera produttiva, al fine di ottenere un prodotto finale sicuro.
Non esistendo- entro i riferimenti legali attuali- criteri microbiologici applicabili alla produzione primaria, sta alla responsabilità del produttore validare le Buone Pratiche Agricole e le Buone Pratiche Igieniche per la produzione dei piccoli frutti.
Vi sono invero alcune difficoltà pratiche.
– Mancanza di studi circa la presenza e livelli di coliformi nei frutti di bosco, con relativa fatica ad individuare efficaci criteri di Igiene di Processo entro la produzione primaria;
– I criteri di Igiene di processo non sono applicabili direttamente alla produzione primaria , anche se possono essere utili per valutare la bontà delle Buone Pratiche Agricole e le Buone Pratiche Igieniche;
– In base a diversi studi circa verdure a foglia verde, non vi è una chiara correlazione tra contaminazione coliforme delle acque di irrigazione e contaminazione del prodotto alla raccolta (Won et al. 2013). Nello studio in questione i coliformi variavano da 0 a 104 per 100 ml[1].
In ogni caso,
– si riconosce che si possano adottare criteri congrui riferiti proprio alla Igiene di Processo, che fungano da spia della bontà delle varie fasi del processo produttivo
-l’utilizzo di concimi e letame invecchiato meno di un anno è significativamente predittiva della contaminazione fecale del prodotto, in base ad studi USA (Mukherjee et al., 2004). Andrebbe quindi usato concime opportunamente trattato e controllato.
– i rischi posti dall’acqua di irrigazione andrebbero minimizzati valutando costantemente la qualità microbica dell’acqua (livelli di contaminazione fecale). Questo deve includere controlli documentati circa tutte le possibili fonti di contaminazione fecale umana ed animale, includendo possibili filtrazioni da campi vicini.
– Il Manuale di Corretta Prassi Produttiva di Coldiretti già indica il grado di qualità dell’acqua da utilizzare per le varie fasi del ciclo di vita del prodotto alimentare. Sebbene per il lavaggio di prodotti destinati al consumo sia richiesta acqua di grado potabile, come definita dalla direttiva (UE)98/83 circa la qualità delle acque destinate a consumo umano, le acque di irrigazione non presentano limiti normativi da rispettare in tal senso, in ragione anche dei tempi che intercorrono tra ultima irrigazione e raccolta, ed in ragione delle capacità di sanificazione naturale presenti a partire dagli agenti atmosferici (raggi UV in primis). La sopravvivenza e conseguente presenza di salmonella e norovirus su piccoli frutti, è comunque- stando ad Efsa- meno probabile che per le verdure a foglia verde.
– Per ridurre il rischio microbico relativo alle acque di irrigazione, si raccomanda che i sistemi di acqua siano ispezionati periodicamente compresa la fonte di acqua, il sistema di distribuzione, le strutture e attrezzature. A seconda del tipo di fonte d’acqua e metodo di irrigazione, un campionamento microbico a frequenze diverse può essere raccomandato. Non c’è accordo ampio per quanto riguarda le linee guida microbiologiche dovranno essere stabilite per l’acqua di irrigazione ma dovrebbero essere preferibilmente basata sulla valutazione del rischio, come raccomandato nei documenti dell’OMS .
Un esempio di applicazione è da ricercarsi negli orientamenti sull’acqua di irrigazione australiani e puo ‘variare a seconda del tempo tra irrigazione e raccolto e il tipo di metodo di irrigazione (Fonseca et al, 2011;. Ottoson et al, 2011). Nella maggior parte dei casi, l’enumerazione di E. coli è utilizzata come organismo indicatore di inquinamento fecale o carenze nelle misure di controllo.
Coldiretti ha inoltre allertato i servizi di Efsa per chiedere una conferma circa la bontà dei requisiti di carica microbica come riferiti da diversi attori internazionali
[1] In conclusione, considerati gli studi sopra citati, tra il 50% e il 99,7% di foglie verdi campionate nell’UE conteneva meno di 10 E. coli g-1, tra lo 0% e il 16% conteneva più di 102 E. coli g-1, e tra lo 0% e lo 0,8% conteneva più di 103 E. coli g-1. Le relazioni tra le pratiche di produzione primaria e numeri di E. coli sulle verdure a foglia verde al momento della raccolta erano poco chiare in tutti gli studi. Una possibile ragione è che E. coli derivati ??da acqua di irrigazione o stallatico sono diminuiti e non era presente al momento del raccolto.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 4 agosto 2014