Chiare , ma forse soprattutto care, fresche e dolci acque, direbbe oggi Petrarca. Si beve infatti nella sua regione, la Toscana, l’acqua pubblica più costosa d’Italia. E per la precisione a Firenze, dove il cittadino paga quasi quattro volte quanto sborsa un milanese: 301 euro contro 82 per 120 metri cubi l’anno.
Anche nel resto del Paese però non c’è da stare allegri. Ad ogni città, il suo prezzo. L’acqua che corre negli acquedotti pubblici dalle Alpi alla Sicilia ha infatti costi che cambiano a seconda di dove si vive, pochi chilometri e sono decine di euro l’anno di differenza per le tasche dei contribuenti. Prezzi profondamente diversi da regione a regione — arrivano anche a un divario del 400% — ma comunque a fronte di costanti e cospicui aumenti generalizzati negli ultimi cinque anni che hanno toccato un più 38%.
A raccontare l’Italia liquida e sommersa, dell’acqua che si perde nel terreno dalle condutture vecchie, costosa perché difficile da recuperare in molti territori o perché ha bisogno di filtraggi per renderla di buona qualità, è un’inchiesta di Altroconsumo. L’associazione che difende i consumatori ha analizzato i costi in 18 capoluoghi di regione. Raccontando con cifre, numeri, esempi di consumi quotidiani nelle famiglie comuni, la storia idrica di un paese dove molti problemi restano insoluti negli anni. Ancora oggi, infatti, molte infrastrutture idriche sono mal in arnese, e così ben un terzo del flusso si perde nella rete prima ancora di arrivare nelle case.
Partiamo dagli aumenti. «Negli ultimi 5 anni le famiglie con tre figli a Firenze hanno visto lievitare la loro bolletta di 336 euro, 34 %, mentre a Napoli coppie con un figlio hanno pagato 162 euro in più, il 79%. A Trieste invece le coppie hanno pagato il 72%», racconta Paolo Cazzaniga di Altroconsumo che ha elaborato i dati.
«E tutto questo», denuncia il presidente dell’associazione Paolo Martinello, «senza che il servizio sia migliorato a fondo in tutto il paese. Un terzo dell’acqua si perde ancora prima di arrivare nei rubinetti della cucina o del bagno perché gli acquedotti sono vecchi. Per quanto riguarda poi la depurazione le cose stanno anche peggio. Per le acque reflue quattro persone su dieci scaricano ancora direttamente nei fiumi o in mare senza adeguati sistemi di depurazione».
E se c’è chi aumenta c’è chi non lo fa, ma purtroppo non sempre la mancanza di rincari è una buona notizia per i cittadini. A Palermo infatti i prezzi sono rimasti uguali solo perché i costi non si sono adeguati alle nuove tariffe, mentre a Catanzaro le quote pagate dai cittadini sono rimaste invariate ma solo per ordine dell’Autorità garante dei consumatori. Il motivo? Il gestore idrico locale non ha ancora sottoscritto la carta dei servizi che prevede standard minimi di efficienza. «Gli alti costi del’acqua per i fiorentini si spiegano sia col fatto che l’acqua in zona non è di buona qualità e quindi bisogna depurarla che con i notevoli investimenti fatti per migliorare il servizio».
Ma chi paga di più? Se si guarda i dati raccolti da Altroconsumo dal nord al sud, a sborsare sono sempre i più poveri, le famiglie numerose, forse perché la politica è cercare di disincentivare gli alti consumi. Ma sotto una certa soglia difficilmente si riesce andare e così Altroconsumo ha calcolato che a fronte di un aumento di 33 euro, il 28% per i nuclei formati da una coppia, si passa a ben 177 euro, 44,%, per quelli di 5 persone. A Bari, Bolzano e Trento la fotografia è pressoché uguale. Ma non tutte le città si sono comportate allo stesso modo. A Trieste ad esempio si applica una tariffa a seconda che la famiglia sia composta da più o meno di quattro persone, col risultato che negli ultimi cinque anni la spesa idrica è aumentata del 13 % per una famiglia numerosa e del 72% per le coppie.
Repubblica – 2 dicembre 2014