Ora si muovono tutti: Vicenza, i Comuni, il consiglio di bacino Bacchiglione (e gli M5s con un’interrogazione in Parlamento). Stesso motivo: l’emergenza inquinamento da Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche trovate in falde e pozzi di tre province venete.
Così ieri nella sede di Acque Vicentine il Comune di Vicenza con sindaci e delegati di Altavilla, Creazzo, Monteviale, Noventa, Sossano e Sovizzo hanno firmato le lettere indirizzate al ministero dell’Ambiente e all’Arpav, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Dove chiedono chi, cosa, dove e soprattutto che fare. Un ultimatum. Visto che promettono che in caso di mancate risposte partiranno le richieste danni.
Spiega Antonio Dalla Pozza, assessore alla sostenibilità urbana: «Da Arpav e ministero vogliamo chiarimenti, perché fino ad oggi sull’emergenza Pfas ci sono arrivate notizie parziali. Tanto più adesso che si parla di contaminazione della catena alimentare. Ci serve un’informazione corretta. L’Arpav ci dica quanto sono inquinate le acque e dove. Il ministero invece deve intervenire per contenere il danno ambientale e perseguire i responsabili». Ancora: «Stiamo obbligando i cittadini a fare analisi costose sui pozzi. E chi non le fa rischia anche di essere sanzionato. Per questo vogliamo sapere i risultati delle analisi».
Un problema che si allarga ogni giorno di più, quello delle falde inquinate da perfluoroalchilici: 51 Comuni interessati di cui 20 vicentini, 350 mila persone coinvolte. Compreso il capoluogo che ha dovuto chiudere il pozzo Scaligeri nella zona ovest, «anche se in città su 400 analisi dei pozzi privati non c’è stato nessun caso positivo». Ci sono dubbi sui limiti fissati e sugli effetti sulla salute. Senza contare la scoperta di pesce, uova, insalate e foraggi contaminati da Pfas e Pfoa. «La fonte è stata accertata, per l’Arpav è la Miteni di Trissino – dice Dalla Pozza -. Intanto abbiamo attivato il legale per la richiesta danni. Non scordiamo che Acque Vicentine spende centinaia di migliaia di euro per i filtri ai carboni attivi nell’acquedotto. E alla fine i costi finiscono sulle bollette».
Così «per evitare ulteriori rischi alla salute e all’ambiente» i Comuni sollecitano al ministero «azioni che permettano di incidere concretamente sulla rimozione della fonte contaminante». Perché «l’adozione di misure di prevenzione e di ripristino rappresenta un atto dovuto e non derogabile». E ancora vanno chiariti i valori soglia da rispettare. Quanto all’Arpav si chiede di «fare chiarezza sull’inquinamento da Pfas e le sue cause, anche per poter valutare eventuali ulteriori iniziative a tutela della salute e dell’ambiente. Chiediamo di comunicare quali siano le concentrazioni di Pfas nei terreni, nelle acque sotterranee e superficiali» e «di stabilire se esista un nesso causale tra l’inquinamento e l’attività della società Miteni Spa».
Intanto si aspetta: «Il ministero dovrebbe già avere sul tavolo i dossier sull’inquinamento. Ora ci dicano cosa dobbiamo fare». (Alessandro Mognon)
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Il Giornale di Vicenza – 28 novembre 2015